“Abbà, Padre!” Su queste due parole si è concentrato la meditazione di Papa Francesco durante l’Udienza Generale odierna in Aula Paolo VI. Per Bergoglio in queste parole “si condensa tutta la novità del Vangelo”. “Dopo aver conosciuto Gesù e ascoltato la sua predicazione – commenta Papa Francesco - il cristiano non considera più Dio come un tiranno da temere, non ne ha più paura ma sente fiorire nel suo cuore la fiducia in Lui: può parlare con il Creatore chiamandolo Padre. L’espressione è talmente importante per i cristiani che spesso si è conservata intatta nella sua forma originaria: Abbà”. Per Francesco queste parole aramaiche sono come la voce “registrata” di Gesù stesso.
"Per pregare bene bisogna avere il cuore di un bambino - ha detto Francesco a braccio - Come un bambino nelle braccia di suo Padre".“Dire Abbà è qualcosa di molto più intimo e commovente che semplicemente chiamare Dio Padre – ha sottolineato Francesco - ecco perché qualcuno ha proposto di tradurre la parola originaria con Papà o Babbo. Infatti queste espressioni evocano affetto, calore, qualcosa che ci proietta nel contesto dell’età infantile: l’immagine di un bambino completamente avvolto dall’abbraccio di un padre che prova infinita tenerezza per lui”.
“Basta evocare questa sola espressione – Abbà – perché si sviluppi una preghiera cristiana”, ha osservato il Pontefice. “Dio ti cerca, anche se tu non lo cerchi – ha rassicurato il Papa - Dio ti ama, anche se tu ti sei dimenticato di Lui. Dio scorge in te una bellezza, anche se tu pensi di aver sperperato inutilmente tutti i tuoi talenti. Dio è come una madre che non smette mai di amare la sua creatura”. Infine il Papa ha chiuso la sua catechesi odierna sul Padre Nostro: “Per un cristiano, pregare è dire semplicemente Abbà”. "Non dimenticate mai di dire Padre", ha concluso a braccio Francesco.acistampa/red