Proseguono al Centro Cittadella di Lugano i «Laboratori», quest’anno dedicati al tema della speranza. Venerdì 11 aprile è andato in scena quello dedicato al tema delle donne nel contesto ecclesiale.
Al tavolo dei relatori ( in questo caso, delle relatrici) due teologhe e due giornaliste: Lucia Vantini, già presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e da qualche mese nominata delegata per l’ambito della prossimità nella diocesi di Verona – un incarico equivalente al vicario diocesano, per la prima volta assegnato ad un laico, segnatamente ad una donna laica –; Stella N’Djoku, giornalista, scrittrice e poeta; Myriam di Marco, docente, ricercatrice e referente del rettorato e del decanato alla Facoltà di teologia di Lugano e infine Corinne Zaugg, presidente dell’Unione femminile cattolica ticinese. A porre loro le domande: Antonio Bolzani, giornalista della RSI.
Lucia Vantini è stata subito sollecitata sul tema delle donne che continuano a non avere voce all’interno della Chiesa. Un’affermazione che Vantini ha decisamente respinto, dicendo che sono ormai decenni che le donne parlano, scrivono, insegnano. Anche ad alto livello. E che quindi la questione non è quella del silenzio delle donne, ma del «non ascolto» della loro voce. Salvo rarissime occasioni, infatti, il loro lavoro teologico o di ricerca viene preso in considerazione solo all’interno degli atenei in cui insegnano, mai però citato durante un’omelia o proposto come testo di studio in una formazione proposta da una parrocchia. E pertanto il pensiero teologico delle donne rimane (quasi) totalmente sconosciuto.
Anche per Stella N’Djoku le voci delle donne ci sono: «Ma sta a noi cercarle, in quanto spesso i media, l’editoria, cercano “il caso”, dando quindi voce a una storia che, di solito, è quella che ha più potenziale di vendita, ma che non per forza “è” le altre storie. Anche perché dare voce a uno solo, spesso vuol dire “obbligarlo” a usare la voce per continuare con quell’unica narrazione e così si perpetua il fatto che noi sentiamo solo poche voci, se non siamo noi a cercarne altre, che sembrano più nascoste».
Per Myriam Di Marco, che lavora e collabora principalmente con uomini, sia laici sia sacerdoti, la questione della presenza delle donne nella Chiesa non è una questione di genere: «Nelle commissioni di lavoro la mia opinione conta come quella degli altri membri non perché sono donna, ma perché sono competente nel mio ambito». Per Di Marco, la presenza delle donne nella Chiesa deve quindi avvenire all’insegna della competenza in una collaborazione di complementarità.
In conclusione Bolzani ha chiesto a Corinne Zaugg di indicare tre ambiti su cui intervenire per modificare lo status quo: «Dare maggior diffusione alla produzione teologica femminile moderna e contemporanea. Fare in modo che le donne siano più presenti all’interno delle facoltà di Teologia. Creare delle modalità per cui i seminaristi durante la loro formazione possano confrontarsi con figure femminili significative (docenti, psicologhe, ecc.)». «E questo – ha concluso Zaugg – non solo per le donne, ma per il bene di tutta la Chiesa».