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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (5 dicembre 2025)
  • L'incontro a Muralto per i 140 anni della San Vincenzo. Il presidente della San Vincenzo di Locarno, Giovanni Bonetti, introduce la relazione dell'abate Lepori

    L'abate Lepori a Muralto racconta Takashi, il medico di Nagasaki, discepolo di carità

    di Cristina Vonzun

    La S. Vincenzo de Paoli a Locarno, sodalizio impegnato nella carità da 140 anni, ha festeggiato l’anniversario mercoledì 3 dicembre al palazzo dei congressi di Muralto con un incontro guidato dall’abate generale dell’ordine cistercense, il ticinese padre Mauro Lepori. Al centro dell’evento una conferenza dell’abate sul tema “La carità, insieme per un cammino di speranza”, dedicata alla figura del medico radiologo giapponese Paolo Takashi Nagai (1908 – 1955) del quale, recentemente, una mostra ha raccontato la vita e l’opera all’ospedale La Carità.

    Takashi Nagai, membro della Società di San Vincenzo

    Convertito dal buddismo al cristianesimo questo medico, aderente in Giappone alla San Vincenzo, sopravvisse all’atomica di Nagasaki mentre la moglie Midori perì. In quelle drammatiche ore iniziò a splendere per gli anni a venire la fama della sua santità. La sua autobiografia «Ciò che non muore mai» (San Paolo 2023) di cui padre Lepori ha scritto la prefazione, ha ispirato la relazione dell’abate. Takashi fu uomo di carità concreta, cosciente che «ciò che rappresenta la perfezione della vita cristiana è la legge dell’amore, cioè amare Dio sopra ogni cosa e quindi amare gli altri come se stessi», come scrive nella sua autobiografia. Da Takashi, eroico medico di una Nagasaki di morte, dove lui si mise a salvare e ricostruire la vita dando la sua vita, arriva anche un messaggio per le S. Vincenzo, che Lepori ha ripreso e commentato: «Penso che si possa sintetizzare la presa di coscienza che ha spinto Nagai ad impegnarsi nella S. Vincenzo nella consapevolezza che la nostra carità consiste nell’accogliere la carità di Dio che ci salva nella presenza di Gesù Cristo». Dalle dure esperienze della vita di Takashi, anche precedenti l’atomica, come la sua partecipazione da medico alle guerre del Giappone in Manciuria e contro la Cina, Lepori evince che «aveva misurato tutti i limiti della salvezza che l’uomo cerca di dare a se stesso, ultimamente sempre con la violenza. L’uomo, lasciato a se stesso, cade sempre nella riduzione del concetto di salvezza a un interesse, a un benessere per sé che prima o poi lo contrappone al desiderio di salvezza degli altri». Esperienza che Takashi fa anche nell’ambito della ricerca universitaria nel campo della radiologia medica, nel quale si accorge «che troppo spesso doveva lavorare in competizione con altri interessi che facevano a pugni con il suo desiderio di offrire a tutti i malati una possibilità di diagnosi capace di portarli alla guarigione». 

    C’è tanta attualità in questi aspetti negativi che fanno soffrire Takashi, figli di un mondo che riduce la felicità,  «al conseguimento di un bene troppo limitato per essere condiviso con tutti».

    Quale lezione offre quindi la vicenda umana e cristiana di Takashi? Secondo Lepori «non solo fare la carità, ma permettere alla carità di Cristo di riunirci attorno a Lui (…) e permettere a questa esperienza di renderci strumenti del Suo amore infinito e misericordioso per tutta l’umanità». Una carità che apre alla speranza. «La speranza non è un ottimismo che scruta il futuro con occhi tranquilli, ma uno sguardo sulla realtà, sul presente, fosse pure totalmente negativo come una Nagasaki ridotta a landa atomica, illuminati dalla fede che tutto è amato, tutto è abbracciato».

    Così, la vicenda di Takashi pare - a chi la scopre per la prima volta - come scritta dal dito dritto di Dio - grazie alla risposta libera di un uomo - nelle pieghe storte del mondo, per lasciarci un messaggio di cambiamento possibile a partire da un cuore che si lascia amare da Dio.

    Sul 140esimo della San Vincenzo a Locarno leggi qui l’intervista al presidente Giovanni Bonetti

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