È iniziato mercoledì mattina, 5 marzo, alla Facoltà di Teologia di Lugano, il convegno di due giorni dal titolo “Charles Journet: una vita nella luce della verità” dedicato alla figura del cardinale ginevrino Charles Journet (Ginevra 1891 – Friburgo 1975) morto 50 anni fa. Una occasione preziosa per approfondire la figura del teologo svizzero che “ha speso interamente la sua vita alla ricerca della verità, vivendo pienamente l’amore cristiano” e per portare avanti il suo pensiero affinché il suo messaggio cristiano “possa ancora illuminare il nostro cammino”, come ha affermato Nicolas Blanc, presidente della Fondation du Cardinal Journet. “Uomo di grande fede, di una spiritualità monastica, Charles Journet ha sempre prestato una attenzione critica alle sfide del suo tempo e ha saputo mostrare coraggio e testimonianza nell’epoca dei totalitarismi; un teologo che godette della stima del filosofo cristiano Jacques Maritain e di papa Giovanni XXIII che lo volle nella preparazione del Concilio Vaticano II e di Papa Paolo VI che lo fece cardinale”, ha affermato il prof. Costante Marabelli, nell’introduzione alla giornata.
Il convegno è iniziato con la S. Messa celebrata dal Cardinale Angelo Bagnasco nella basilica del Sacro Cuore a Lugano, a seguire, nell’aula multiuso della Facoltà di Teologia, pienissima di studenti ma non solo, sono iniziati i lavori coordinati da don Samuele Pinna.
La mattinata è stata quasi interamente dedicata alla prolusione del Cardinale Angelo Bagnasco, che ha ripercorso alcuni punti salienti della teologia di Journet riletti in una chiave moderna e che qui cerchiamo di sintetizzare. “Charles Journet – ha affermato il cardinale – è una grandissima figura di una attualità straordinaria”, che deve essere “contestualizzata nel mondo contemporaneo perché continui ad essere una presenza significativa nel tempo presente”. Bagnasco si è così soffermato su tre punti cari alla teologia di Journet che è necessario rileggere e rendere attuali perché “la comunità cristiana non corra il pericolo di essere assorbita nel mondo pur stando dentro al mondo”.
1- Il realismo
Il primo tratto è quello del realismo: “il nostro occidente deve tonare alla realtà se non vuole dissolversi, affrontandola dal di dentro e non dal fuori imponendo vestiti ideologici”, ha affermato Bagnasco. L’occidente – ha continuato il presule – “sta vivendo una specie di eutanasia assistita dettata dalla pretesa di imporre l’io sul resto della realtà. Questo primato del soggetto ha avuto una sua impennata negli anni ’60 e ’70 e ha prodotto quello che allora si chiamava la “svolta antropologica””. Ora, dalla svolta antropologica incentrata unicamente sul soggetto “dobbiamo passare a una svolta veritativa. La persona non deve essere considerata un individuo e basta, ma un individuo in relazione e questa è una differenza sostanziale. Per andare a avanti è necessario fare qualche passo indietro per recuperare i valori e i principi che sono sostanziali a delle verità che sono state dimenticate o contestate (vita, famiglia, amore…) e che oggi sono riempite a piacimento di ciascuno. Nell’epoca moderna l’auto-coscienza è stata sostituita dall’auto percezione, dobbiamo invece tornare a scegliere di essere noi stessi, secondo chi siamo e non quello che vorremmo essere”.
2- Mistero della Chiesa
Tra le tante immagini che vengono spesso utilizzate per parlare della Chiesa (Vigna, regno…) ce n’è una che per Journet è più esauriente di altre, quella della Chiesa come “corpo mistico di Cristo”: “La Chiesa sarà sempre al passo dei tempi, perché il cuore dell’uomo porta la firma di Dio, e questa non ha tempo. Questa firma è una grazia, una inquietudine verso l’infinito che non è nelle nostre mani. Solo l’infinito può colmare la piccolezza del nostro cuore: Gesù giudica, ma è sempre un giudizio di salvezza”.
3- Il Peccato
Di fronte ai mali del mondo (fisici, spirituali, psicologici, individuali, collettivi) Bagnasco è convinto che il mondo debba fermarsi per interrogarsi. “I minorenni sono sempre più vittime di un vuoto interiore. Questi mali insistono e sembrano aggravarsi contrastando il nostro bisogno di relazioni, perché? Perché l’uomo è libero e può allontanarsi dalla vita, dall’amore, dalla felicità, dal bene e dalla gioia. Questo allontanamento lo chiamiamo peccato. Non dobbiamo avere paura della parola peccato, perché è una parola bellissima che ci mette direttamente in relazione con Dio. Noi siamo i peggiori giudici di noi stessi, lasciamoci giudicare da Dio. La libertà è un peso insopportabile perché si fa carico delle nostre responsabilità e delle nostre scelte. Se Dio è amore chiede alle sue creature amore e non c’è amore senza libertà. Una libertà che deve vivere nella verità per poter rispettare ciò che noi siamo”, ha concluso il card. Bagnasco.