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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (9 maggio 2025)
CATT
  • Esultano i ragazzi americani in piazza San Pietro

    Il miracolo di un "habemus papam" che unisce Nord e Sud del mondo

    da Roma Cristina Vonzun

    Emozioni, tante, intense, indimenticabili. Da due giorni sono in questa piazza e non faccio che incontrare non solo il mondo, nel senso che ci sono pellegrini dai quattro punti cardinali, ma soprattutto tantissimi giovani. Alcune esperienze le ho già raccontate. È stato proprio con loro nel cuore, che sono il presente e il futuro della Chiesa e del mondo, di questo mondo inquieto e diviso, che ho atteso tra i pellegrini la fumata di giovedì sera. Mi chiedevo: di quale papa hanno bisogno questi ragazzi e queste ragazze? Li guardavo con le loro bandiere, gli zainetti, in cerchio a bivaccare in piazza, in attesa della fumata. Chiacchierando con diversi di loro in brevi testimonianze che ho pubblicato nei giorni scorsi su catt.ch ho capito che il modello era Francesco, un punto di riferimento, vicino, cordiale, qualcuno che apra loro la porta verso Dio e verso una prossimità che talvolta pare impossibile capire o cogliere in un mondo di conflitti.

    Giovani in piazza in attesa della fumata che porterà all'elezione del PapaE così ecco “l’Habemus Papam”. Quando è arrivato, ero con alcuni ragazzi della pastorale giovanile della diocesi di Roma corsi in piazza con un grande striscione per fare “pubblicità” al Giubileo dei Giovani che sarà a Roma tra fine luglio e inizio agosto, con il nuovo Papa. Nel momento in cui il cardinale protodiacono Mamberti ha annunciato il nome del Papa, dietro di me i ragazzi si sono messi a gridare: “Grande Prevost!”. Tutti quelli del settore si sono girati verso di loro, dato che alla maggioranza dei presenti il nome del Papa è risultato, al momento, se non incomprensibile, certamente quello di uno sconosciuto. Microfono subito aperto, ho cercato di capire:

    “Lo abbiamo conosciuto al Giubileo degli adolescenti che si è svolto alcuni giorni fa a Roma. Stavamo rientrando - raccontano i ragazzi - e sono passati diversi cardinali che però non si sono fermati. Ma ormai c’era aria di Conclave, quindi abbiamo pensato che fossero tutti presi e concentrati. Poi è arrivato il cardinale Prevost che appena ci ha visti si è fermato, ci ha chiesto come stavamo, come andava. Noi gli abbiamo domandato un autografo e gli abbiamo fatto un video e gli auguri per il conclave. Gli abbiamo detto “in bocca al lupo eminenza” e lui ha sorriso e poi ci ha detto “quale lupo?, pregate ragazzi”.

    I ragazzi della Pastorale giovanile di RomaTra americani e peruviani

    Tripudio tra i giovani americani presenti in piazza e i pochi ma rumorosi peruviani. Due gruppi, poco più avanti nel mio settore. Sono con loro quando papa Leone esce sulla loggia centrale. Urla, bandiere in aria, un’atmosfera da stadio. In silenzio si ascolta quello che il Papa dice. Parla italiano e spagnolo. “Siamo felicissimi”, mi grida una ragazza statunitense. “Mi aspetto che il nuovo papa unisca la Chiesa e aiuti il mondo ad essere più unito - dice un altro ragazzo. C’è un terribile bisogno di unità oggi, dappertutto ci sono troppi conflitti e troppe divisioni”. “Il nuovo papa è stato per tanto tempo missionario in Perù - sottolinea un altro giovane americano - è un tipo super umile. Ha organizzato la Chiesa missionaria da quelle parti, sa difendere i poveri e i migranti. Abbiamo bisogno di una persona come lui in questo momento nel mondo”. “Siamo la nuova generazione di cattolici - mi dice una giovane dell’Arkansas - abbiamo bisogno di un Papa che ci capisca e ci guidi”. Sono ragazzi e ragazze in pellegrinaggio, studenti, come migliaia di altri in questi giorni, qui a Roma.

    Gioia incontenibile dei ragazzi americaniE poi ci sono i peruviani al settimo cielo!

    Eccoli qui gli altri compatrioti di Robert Francis Prevost che nella sua persona dalla doppia nazionalità e dalle molteplici origine (padre francese, mamma spagnola) compie il miracolo di unire anche Nord e Sud America in un momento storico in cui a prevalere sono piuttosto le bellicose intenzioni di muri e le tristi deportazioni in atto di povera gente, organizzate da Trump. Di fatto, parlando con i peruviani mi pare di capire che il Papa lo conoscano meglio loro degli americani. “Speravamo che lui diventasse papa”, dice Jesus, giovane peruviano. “La nostra felicità è immensa. Papa Leone ha detto che vuole intraprendere un cammino di pace, credo che questo sarà il percorso che porterà avanti in tutto il Pontificato. Dobbiamo pregare per lui, perchè la sua opera di pace sia anche quella di tutti noi”. Rubi, una giovane peruviana, che viene dal Nord del Paese dove Prevost ha vissuto da missionario, mi racconta: “È molto bravo con i giovani, ha fatto un grande lavoro da noi in Perù. Sono felicissima, non lo speravo proprio - si leggevano tanti nomi altisonanti nei media. Lui è sempre umile, ma è bravissimo”. Uomo di popolo, «in mezzo alla gente», capace di guidare una diocesi difficile come quella di Chiclayo, «con quasi due milioni di abitanti e un’altissima povertà», creando comunione tra sacerdoti e laici. Così infatti lo descrivono.

    Jesus in giacca verde, con altri giovani peruviani e una signora, al centro della fotoL’abbraccio del mondo in una piazza

    Gioia, lacrime, selfie, applausi della gente che si congratula con americani e peruviani. Istantanee di un mondo possibile, un mondo dove a partire da questi giovani, qui, così numerosi, Sud e Nord vanno d’accordo, si abbracciano, si complimentano, costruiscono quei “ponti”, suggeriti con voce gentile ma molto ferma dal nostro papa, poco prima. Ponti e non muri, in uno straordinario 8 maggio, forse il miracolo possibile di un Habemus papam nella festa della Madonna di Pompei!

    Uscita da piazza San Pietro dopo l'elezione di papa Leone XIV

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