“Viviamo in uno stato di perenne tensione, perché nella nostra mente
sappiamo che da qualche parte in qualche momento vi sarà un altro
attacco. Anche se nessuno sa dove e quando”. Le parole del cardinale
Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in Pakistan, che introducono il
rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre, danno contezza di cosa
significhi essere uno dei 300 milioni di cristiani che vivono in terre
di persecuzione. Prendere parte ad una messa, animare gli eventi e le
attività pastorali di una comunità cristiana, esporre simboli religiosi o
più semplicemente professare la propria fede diventano atti che possono
mettere a repentaglio la propria libertà e perfino la propria vita in
oltre 20 Paesi del mondo che ospitano 4 miliardi di persone.Persecuzione multiforme
“La persecuzione religiosa può assumere molte forme”, scrive ancora il porporato, “può tradursi nei brutali attacchi compiuti dal sedicente Stato islamico (Isis) in Iraq e in Siria contro cristiani e yazidi, oppure può assumere forme più subdole quali discriminazioni, minacce, estorsioni, rapimenti e conversioni forzate, negazione dei diritti o limitazione delle libertà”. Il cardinale Coutts si sofferma in particolare sulla situazione nella Repubblica Islamica del Pakistan, dove i cristiani sono una piccola minoranza in una vasta popolazione di oltre 200 milioni di abitanti. “Nel corso degli anni – racconta - abbiamo affrontato tutto quanto appena descritto. Ma anche nei momenti più difficili abbiamo sempre trovato forza nell’incoraggiamento e nel sostegno offertoci da Aiuto alla Chiesa che Soffre”.