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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 luglio 2025)
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  • Nigeria COMMENTO

    Da Gaza alla Nigeria, le "guerre a pezzi" che insanguinano il mondo

    Sono drammatiche le notizie che arrivano in queste ore riguardo ai cristiani nel mondo: a Gaza il bombardamento della parrocchia, mentre in Nigeria si registra il rapimento di tre seminaristi. Se Gaza è al centro dell’attenzione mondiale meno lo è il Paese africano, il più popoloso dell’Africa e uno dei più religiosi al mondo. Circa la metà della popolazione è cristiana, l’altra metà musulmana. I primi vivono prevalentemente nel Sud, i secondi nel Nord. In mezzo, zone di contatto e tensione, dove il pluralismo religioso è spesso ferito dalla violenza che usa la religione per altri scopi.

    Le violenze nel Nord

    Da anni, soprattutto nel Nord e nella cosiddetta «Middle Belt», i cristiani sono perseguitati. La notte del 13 giugno 2025, nel villaggio di Yelwata, oltre 200 civili cristiani – donne, bambini, famiglie intere – sono stati arsi vivi.  Non si tratta di episodi isolati, ma di una vera e propria emergenza umanitaria. Secondo l’ONG Open Doors, nel solo 2024 più della metà dei cristiani uccisi per la loro fede nel mondo sono stati nigeriani. Recentemente, ha fatto il giro del mondo la notizia di alcuni assalti ai villaggi cristiani con l’uccisione violenta di 200 civili. Molti erano solo bambini. Ora c’è il rapimento di questi seminaristi. I responsabili di questa diffusa violenza sono gruppi jihadisti come Boko Haram e ISWAP (la costola locale dell’ISIS), ma anche miliziani musulmani Fulani, che attaccano le case in nome di un fanatismo armato e ideologico.  
    Eppure, di questo dolore si parla poco, lo si percepisce come qualcosa di molto lontano da noi. Quasi inesistente. Forse perché non ci sono guerre «ufficiali», forse perché la Nigeria non «pesa» a sufficienza negli attuali bilanci geopolitici. Eppure sono madri, padri, figli che vivono nella paura quotidiana, che vanno a messa senza sapere se torneranno vivi. Come Grace, una giovane maestra sopravvissuta a un attacco notturno nel villaggio di Miango, nello stato di Plateau. «Abbiamo sentito i primi spari e siamo corsi nella boscaglia. Mia madre non ce l’ha fatta. Quando alle prime luci dell’alba siamo tornati indietro, ho visto la nostra casa che stava finendo di bruciare. Però subito, quella notte, ho deciso che non avrei odiato nessuno. Continuavo a ripetermi che ero viva, che Dio per qualche misterioso motivo mi aveva salvato e che Lui è più grande del male».
    Le fa eco Samuel, catechista di una parrocchia a nord di Kaduna: «Era un giorno qualunque, quando alcuni uomini armati sono arrivati urlando a bordo dei loro pick-up. Ci hanno picchiati, gridavano che dovevamo convertirci. Hanno portato via mio fratello e non l’abbiamo mai più rivisto. Mia madre quasi non parla più dal dolore. Ma ogni domenica siamo lì, nella nostra chiesa, ad ascoltare la parola di Dio e a fare la comunione. Il parroco ci ricorda sempre che il Vangelo ci chiede di essere luce. Noi proviamo a esserlo nonostante la paura e l’odio che ci circonda». Ma lì, a Kaduna – una delle città più importanti del Paese – si trovano anche imam che predicano la pace, studenti universitari cristiani e musulmani che hanno scelto di vivere insieme sfidando la logica settaria. Punti di luce, appunto, testimoni di una pace possibile in questo mondo pieno di “pezzi di guerra” che frammentano la stessa umanità. (red)

    leggi anche: il rapimento dei tre seminaristi in Nigeria

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