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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (7 maggio 2025)
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  • Dall’interiorità all’Intelligenza artificiale: una mostra nella chiesa della Ss. Trinità di Lugano ne sonda i rapporti

    di Laura Quadri

    Intelligenza artificiale (IA) e arte, per «avvinarci» a un mondo nuovo. Questo il cuore della mostra allestita nella chiesa della Ss. Trinità a Lugano da Mauro Valsangiacomo; una serie di «dipinti» prodotti in interazione con l’IA di chat GPT, portando a maturazione un’idea coltivata a lungo: «L'IA, alimentata dall'artista, può generare opere che mescolano stili e tecniche in modi nuovi, o racconti che intrecciano voci narrative in un tessuto letterario ricco e multiforme. Questi universi possono forse essere la manifestazione di una nuova estetica ancora da esplorare», spiega Mauro Valsangiacomo a proposito del concetto dell’allestimento.

    Da «creatori» a «suggeritori»

    Possibilità inedite di interazione tra l’uomo e le macchine, che portano ad immaginare un nuovo ruolo per l’artista contemporaneo: «Come ha detto recentemente J. Katzenberg, co-fondatore di “DreamWorks”, oggi l’artista “perde” il ruolo di creatore e diventa un “suggeritore” delle macchine. Se da una parte l'artista immette nel sistema digitale i dati necessari alla creazione dell’opera, dall’altra l'algoritmo, allenato su vasti archivi del sapere umano, diventa uno strumento sensibile, capace di interpretare questi suggerimenti umani e di rispondere con creazioni che riflettono, espandono e talvolta sfidano le intenzioni originali dell'artista stesso». Il risultato che ne emerge, anche nei variegati dipinti esposti a Lugano, «può variare dall'armonioso al dissonante, dal familiare all'alieno, riflettendo la vastità delle potenzialità creative offerte dalla collaborazione uomo-macchina».

    «Dare anima» all’IA

    All’uomo, in particolare, secondo Valsangiacomo, spetterebbe in un certo senso «dare anima» a ciò che è inanimato: «Le indicazione dell’uomo donano all’IA un frammento di umanità che in quanto tale la macchina non possiede. È in virtù di questo dono che l’IA produrrà dei risultati. Questo processo richiede un'apertura verso l'IA come partner capace di ricevere, immagazzinare e riflettere queste qualità umane. In questo senso, ogni comando, ogni input diventa un atto di comunicazione più profondo, un tentativo di far “risuonare” l’IA con le tonalità emotive e le sfumature della nostra interiorità».

    Il valore dei legami umani

    Consapevole di un’obiezione - la possibilità che le macchine si sostituiscano all’uomo, anche in campo artistico - Valsangiacomo chiarisce: «Nel viaggio attraverso il labirinto dell'intelligenza artificiale, dove le possibilità sembrano tanto vaste quanto l’immaginario collettivo, il “filo d’Arianna” diventa una metafora potente per navigare senza smarrirsi. Questo filo, nella mitologia greca, ha aiutato Teseo a ritrovare la via d’uscita dal labirinto dopo aver sconfitto il Minotauro. Nel contesto moderno dell’IA, il nostro filo d’Arianna non è fatto di fibre, ma di legami umani e valori che ci ancorano alla realtà, mantenendo saldo il nostro senso di direzione e scopo. Noi oggi siamo testimoni di una trasformazione senza precedenti nel modo in cui viviamo, lavoriamo e creiamo. Tuttavia, in questo vasto mare di potenzialità digitale, è fondamentale non perdere di vista ciò che ci rende profondamente umani: le nostre relazioni. Mentre navighiamo nel labirinto digitale, il valore delle nostre connessioni umane deve restare lì davanti: come una fotografia, come un segno tangibile. Sono infatti le relazioni umane - con la famiglia, gli amici, e le nostre comunità - che offrono un senso di continuità e significato nella nostra vita».

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