Hiyam Marzouqa Awad per 18 anni è stata medico primario del «Caritas Baby Hospital» di Betlemme. Una vita, la sua, spesa per i bambini palestinesi delle famiglie meno abbienti, di qua e di là dal muro, tra una crisi e l’altra, come l’ultima, che dilania ormai da quasi un anno il Paese. A fine agosto la primaria, ormai settantenne, è andata in pensione. Lo ha fatto in modo discreto, cercando però con una lettera di ringraziare i tanti sostenitori del nosocomio, anche in Svizzera.
Nata a Betlemme in una famiglia cristiana, padre insegnante e madre casalinga, due sorelle e quattro fratelli, Hiyam ha la possibilità di studiare in Germania, grazie ad una borsa di studio ottenuta per meriti scolastici. Nel periodo del praticantato arriva al «Caritas Baby Hospital».
«Il lavoro con i bambini era fantastico. Ho capito – ci racconta la dottoressa da noi raggiunta nei giorni scorsi – quanto fosse importante il sostegno dell’associazione svizzera Aiuto Bambini Betlemme per i bambini e i neonati di Betlemme. Quando ho terminato gli studi, nel 1990, sono entrata a far parte del “Caritas Baby Hospital” dove sono stata aiutata a proseguire la mia specializzazione in pediatria e successivamente ho seguito un corso di gestione ospedaliera per diventare primaria. Sono stata nominata in questo ruolo nel 2006».
Tra una vicenda e l’altra della storia tormentata di questa terra, la dottoressa ci confida cosa ha rappresentato per lei questa missione durata, dal 1990 ad oggi, complessivamente 34 annidicui18allaguidadel team medico: «È molto appagante e impegnativo allo stesso tempo. Si può aiutare la maggior parte dei bambini, ma si hanno dei limiti quando un bambino nasce con una malattia genetica senza cura: allora è triste».
La dottoressa ci parla anche delle conseguenze del conflitto. «Oggi i bambini che ci raggiungono vengono ricoverati facilmente. All’inizio della guerra però c’erano difficoltà, come le chiusure delle strade. Da allora abbiamo creato una linea telefonica diretta per rispondere alle loro domande e aiutarli con consigli, almeno fino a quando non riescono ad arrivare in ospedale. Nel nostro ospedale abbiamo ricoverato numerosi casi difficili e critici. Ogni giorno ci chiediamo: “Questo bambino cela farà?”. Alla fine, con l’aiuto di Dio, ce la fanno. Questo ci fa andare avanti ed è il miglior segno di speranza per noi».
La dottoressa allarga lo sguardo a tutta Betlemme: «La situazione è molto triste e depressa. La guerra a Gaza ha avuto ripercussioni ovunque sul lavoro. A Betlemme abbiamo il tasso di occupazione più alto, dato che la città vive di turismo ma a causa della guerra non abbiamo visitatori. Gli alberghi sono stati chiusi e i dipendenti hanno dovuto lasciare il loro impiego. Questa situazione si protrarrà fino a quando ci sarà il conflitto». Negli ultimi due anni la dottoressa ha investito del tempo per trasmettere le competenze necessarie a guidare una struttura di questo tipo al suo successore. Il ruolo è stato assegnato dal Consiglio di amministrazione dell’ospedale al dr. Rafat Allawi, pediatra e pneumologo, che da anni opera nel team della dottoressa Awad.
«In quanto nativa di Betlemme e cristiana, il “BabyHospital” che sorge nel luogo dove è nato Gesù avrà sempre un posto nel mio cuore», conclude la dottoressa che non manca ancora di augurare «ogni bene a tutti i sostenitori della struttura», numerosi anche nella Svizzera italiana.
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