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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (1 maggio 2025)
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  • La campana della chiesa del Tamaro

    I commenti al Vangelo di domenica 26 novembre

    Calendario romano Mt 25,31-46 Domenica di Cristo Re

    Dalla croce, il re giudica

    di Dante Balbo

    Ci sono persone che scambiano il perdono con il giudizio, cancellando il secondo.
    Le relazioni che nascono da questo presupposto sono malate, si originano dalla paura di perdere
    l'altro, anche se fa soffrire, usa violenza o mantiene un rapporto squilibrato. Io posso perdonare, ma ciò non mi impedisce di giudicare la relazione che l'altro ha con me e decidere che continuarla sarebbe dannoso per entrambi. Allo stesso modo non ci deve spaventare il giudizio di Dio, al centro del quale c'è la nostra relazione con Gesù, il punto di paragone, il vertice attorno al quale ruota e si orienta l'universo, la storia, la nostra traiettoria personale. Gesù, in questa festa in cui è contemplato come re, ci parla del giudizio finale, che prevede una sanzione, non necessariamente negativa, ma che constata come abbiamo riconosciuto in Gesù la nostra salvezza e come abbiamo tradotto nella nostra vita il suo modo di essere.
    I cristiani possono capire che paradossalmente il luogo ove il Salvatore ha esercitato al massimo grado la sua regalità è la croce, perché è da essa, dall'offerta ultima e definitiva della vita che scaturisce il modo più radicale di dire il dono totale del suo amore per noi. Questo come dice san Paolo è uno scandalo per i Giudei, che dal Messia aspettavano la liberazione dall'oppressione romana e non certo un simile fallimento, una stoltezza per i pagani, perché apparentemente non vi era alcun vantaggio né per noi, né per lui, da questa morte infame, propria degli schiavi. Questa però sarà la misura su cui sarà valutato il nostro rapporto con Gesù, non nella nostra capacità di dare la vita come lui, ma nella disponibilità ad accogliere la sua offerta, per divenire capaci come lui di fidarci del Padre, fino a dare anche la vita, forse non in modo cruento, ma nella quotidianità ferita delle nostre relazioni, delle scelte, della compassione che sul suo modello sapremo esprimere. Questa festa finale chiude l'anno liturgico, ma ci proietta già verso il mistero della nascita del re che ci rinnova.

    Calendario ambrosiano Gv 5,33-39 Domenica III di Avvento

    «Scrutare» le Scritture per «venire» a Gesù

    di don Giuseppe Grampa

    Nella pagina odierna Gesù sembra voler raccogliere tutte le testimonianze capaci di farlo conoscere. Anzitutto Giovanni il Battista che interpellato se sia lui l’inviato di Dio, l’atteso Messia, rimanda a Gesù. E poi la testimonianza offerta dalle opere che Gesù compie obbedendo alla volontà del Padre. E infine una terza testimonianza: quella offerta dalle Scritture; «scrutare» queste parole è condizione per accedere al mistero di Gesù. Preziosa è questa affermazione, soprattutto per noi che forse abbiamo scarsa dimestichezza con l’Antico testamento. Qui Gesù dice che nel loro complesso le Scritture di Israele parlano di Lui, a Lui rendono testimonianza. E questo vuol dire che nemmeno noi possiamo render conto della nostra fede in Gesù se non la radichiamo nella sua eredità ebraica. Sappiamo come difficili siano stati, nelle prime generazioni cristiane, i rapporti con la Sinagoga. Questa difficoltà ha trovato una espressione plastica in due figure femminili, due statue che ho visto sulla facciata di Notre-Dame a Parigi. Due donne una che porta una benda sugli occhi e l’altra svelata, ad occhi aperti. La prima sarebbe la Sinagoga, appunto l’ebraismo che non riconosce Gesù, la seconda sarebbe la Chiesa che riconosce Gesù. Contrapposizione funesta che non è estranea alla diffidenza per l’ebraismo che ha lungamente abitato la coscienza cristiana. L’evangelo di questa domenica ci ricorda che i tratti del suo volto possono, anzi devono esser scrutati in tutte le pagine della Scrittura Sacra. Davvero non possiamo veramente «scrutare» il mistero di Gesù se non «scrutiamo», se non facciamo nostre le parole dell’intera Scrittura Sacra. Bisogna tuttavia «venire» a lui, dove per l’evangelista Giovanni questo verbo equivale a «credere». Come sarebbe bello che questo tempo di Avvento fosse il tempo del «venire» a Gesù, del camminare verso di Lui, cioè del credere in Lui! E perché questo avvenga certo dobbiamo «scrutare» tutte le parole consegnate nelle Scritture, come indicano i suoi testimoni, da Abramo al Battista.

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