Francesco pronuncia una parola difficile a chi ogni giorno nelle carceri italiane è chiamato ad ascoltare il grido della disperazione, l’urlo della rassegnazione, a sventare gesti estremi. Chiede nell’udienza in Piazza San Pietro agli uomini e alle donne della Polizia Penitenziaria, ai cappellani e ai volontari che lavorano nelle prigioni, di non soffocare mai la “fiammella della speranza”, esorta poi a garantire “prospettive di riconciliazione e reinserimento” mentre chi è detenuto paga il debito con la società e fa i conti con gli sbagli del passato. Ma Francesco insiste molto sul rispetto della dignità di chi è in prigione e sull’ergastolo come soluzione per chiudere “in cella la speranza”.