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  • Meeting di Rimini. L'incontro con Luca Botturi (SUPSI) e Alberto Pellai su social e intelligenza artificiale. Sintesi e video

    Meeting di Rimini. L'incontro con Luca Botturi (SUPSI) e Alberto Pellai su social e intelligenza artificiale. Sintesi e video

    Tra i 140 convegni della kermesse riminese era presente anche il Ticino con il prof. Luca Botturi, esperto in media in educazione presso la SUPSI che con Alberto Pellai, psicoterapeuta, scrittore e saggista, il 21 agosto, ha parlato di social e intelligenza artificiale. All’incontro, dal titolo «Non serve lo schermo per crescere smart», è intervenuta in video anche Maryanne Wolf, membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Ha moderato l'incontro Fabio Mercorio, prof. di Computer Science all’Università Milano Bicocca.

    I quatto rischi di un uso eccessivo degli smartphone

    Negli ultimi decenni le automobili sono diventate sempre più sicure, ma nessuno si sognerebbe di farle guidare a un dodicenne. I social network negli ultimi dodici anni hanno dato stimoli inadeguati ai ragazzi che li utilizzano eppure gli adulti mettendo nelle mani dei minori gli smartphone è stato come metterli alla guida di automobili.

    Il 2012 è l’anno dopo il quale tutti gli indicatori della salute mentale di adolescenti e bambini iniziano a peggiorare in modo esponenziale, sottolinea Pellai. E' l'anno in cui i cellulari sono diventati smartphone, cambiando da strumento di comunicazione a strumento di connessione e navigazione. Apple ha messo sul mercato l’iPhone 4 - quello con una telecamera davanti e una dietro - che da l'inizio alla creazione della nostra identità online con foto e video.

    Pellai sintetizza quattro fattori di rischio principali, documentati ormai da moltissime ricerche scientifiche: deprivazione del sonno, deprivazione sociale («un tempo la punizione era: “stai in camera tua”, ora è “ti tolgo il wifi se non esci un paio d’ore”), frammentazione dell’attenzione, dipendenza.

    «Il mondo online è basato su sistemi dopaminergici», sfruttano la produzione di dopamina da parte del cervello dei ragazzi, un ormone che dà una gratificazione istantanea e che spinge a ricercare in continuazione l’oggetto che ha prodotto quella scarica: «I ragazzi sono ferro, il mondo digitale è un campo magnetico che li tiene attaccati. Fare entrare questa cosa nella vita di un bambino è uno degli errori più gravi che si possano fare», sottolinea Pellai.

    Il paese dei balocchi promesso dallo smartphone

    Il digitale ha però ormai impattato ogni aspetto della nostra vita: «Non possiamo ignorarlo», ha detto Botturi, è un pezzo del nostro mondo, non si torna indietro. Ma il mondo digitale è molto più grande di smartphone e app. Serve educare le competenze digitali, non si acquisiscono con lo smartphone in mano: non si diventa competenti digitali stando su TikTok».

    Pellai fa un’analogia efficace: «Pinocchio si fida di Geppetto e va a scuola, ma quando Lucignolo lo intercetta per portarlo al paese dei balocchi non ha le competenze per dire “no, devo andare a scuola”, e cambia idea. Un dodicenne che vuole fare i compiti di matematica e ha lo smartphone sul tavolo riceve notifiche da altre app molto più attraenti. È difficile che dica “non le guardo, devo fare i compiti”. Il lavoro dell’adulto è canalizzare i minori verso obiettivi diversi dal paese dei balocchi promesso dalle app». Non si scappa, dice Pellai: «La ricerca ci dice che lo smartphone fa diventare i ragazzi meno attenti e meno allenati alla vita».

    La responsabilità della scuola e della famiglia

    La speranza è che i ragazzi possano «espandere le competenze digitali e conservare quelle dei processi acquisiti negli ultimi 2000 anni», conclude Wolf ricordando l’importanza di leggere ad alta voce storie ai bambini. La scuola, dice Botturi, può proporre buoni esempi: togliere gli smartphone in classe è utile (ma serve che le famiglie, in dialogo con i professori, tengano il punto anche a casa), ma bisogna dare spazio all’educazione al digitale nei programmi scolastici, formare i docenti: «digitalizzare la scuola non vuol dire riempirla di dispositivi: possono essere utili ma non è quello il fine». Non ci sono ricette preconfezionate per uscirne facilmente: «Siamo sempre più consapevoli che dobbiamo decidere la forma del nostro rapporto con la tecnologia. Un modo è mettere in relazione questi strumenti potentissimi con vere sfide, obiettivi per cui vale veramente la pena. Dare una forma diversa a questi strumenti», ha concluso Botturi.

    Video integrale dell'incontro

    https://youtu.be/Pt89jIehTCE

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