Il quarto comandamento ci chiede di onorare i genitori, ma non solo. Si estende anche a coloro che esercitano un’autorità religiosa o civile. Nel catechismo della Chiesa cattolica, troviamo scritto: «Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio» (Es 20,12). Lo stesso Signore Gesù ha ricordato l'importanza di questo comandamento. L'Apostolo insegna: « Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra» (Ef 6,1-3). “Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità” (CCC 2197); a meno che non ci chiedano di andare contro i comandamenti di Dio! I nostri genitori sono immagine di Dio che è Padre e della Chiesa che è Madre. Così commenta Sant’Agostino: “Abbiamo trovato altri genitori: Dio nostro padre e la Chiesa nostra madre per mezzo dei quali nascere alla vita eterna”. Anche Gesù è stato sottomesso ai propri genitori, oltre che essere venuto al mondo per compiere la volontà del Padre. Gesù cresceva in età, sapienza e grazia, davanti a Dio e agli uomini, dice la Scrittura. I genitori possono sbagliare ma occorre sempre lasciare aperta la porta del perdono, per saper ricominciare. Un giorno potremmo essere noi a nostra volta genitori o superiori e di certo non saremo infallibili. Il perdono è la base di una vita familiare e sociale serena e pacifica. Voglio proporvi un racconto di Bruno Ferrero tratto dal libro “Piccole storie per l’anima”. Un giorno tre donne andavano al pozzo per attingere l’acqua. Una si compiaceva di avere il figlio che cantava come un usignolo, la seconda di avere un atleta che faceva meravigliose pirolette. La terza donna taceva e le due la interrogarono: “E tuo figlio?” “Oh- rispose- il mio è un ragazzo normale, non fa niente di speciale”. Nel frattempo arrivarono i tre figli. Il primo si mise a cantare, il secondo fece salti acrobatici e il terzo aiutò la sua mamma a portare a casa la brocca piena d’acqua. Un saggio anziano che aveva seguito tutta la scena disse: “In realtà, io non ho visto tre figli ma uno solo; quello che ha aiutato la madre, questo è il solo figlio che merita questo nome”. Imitiamo l’esempio di Gesù che non è venuto per essere servito ma per servire, e dare la sua vita per tutti noi. Scrive Don Alessandro Pronzato in uno dei suoi numerosi libri: “L’essenziale è godere del privilegio di servire”. La maggior parte dei nostri genitori ha fatto tanti sacrifici per i propri figli. Ricambiamoli almeno con la riconoscenza. di Suor Sandra Künzli