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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (24 aprile 2025)
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  • Il vescovo Jean-Marie Lovey di Sion

    Personalità religiose svizzere rendono omaggio a Francesco

    Personalità della Chiesa e di altre religioni in Svizzera reagiscono alla morte di papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025. Lodano la memoria di un pontefice che è riuscito a far progredire la fraternità universale e la dignità umana.

    «Partendo in un lunedì di Pasqua, papa Francesco lascia dietro di sé, senza volerlo, un messaggio spirituale che non può che toccare il mondo», dichiara a cath.ch Helena Jeppesen. La collaboratrice dell’opera caritativa cattolica Azione Quaresimale è stata una dei dieci delegati europei “non vescovi” al Sinodo.

    «A Francesco vorrei dire un grande GRAZIE! La sua voce per la pace e la giustizia nel mondo era forte», prosegue. «È stato il primo papa extra-europeo a cambiare durevolmente la Chiesa universale. Il processo sinodale di rinnovamento della Chiesa era importante per lui. Solo poche settimane fa aveva annunciato un’assemblea della Chiesa per il 2028. Giovani, donne e non solo vescovi dovranno parteciparvi. E le chiese locali parteciperanno alla sua organizzazione.»

    Per Helena Jeppesen, la storia della Pasqua è il filo conduttore del documento finale del Sinodo. «Un processo di rinnovamento e riforma della Chiesa cattolica che ha sostenuto con tutte le sue forze, e nel quale tutto il popolo santo di Dio è soggetto dell’annuncio».

    Un uomo “come tutti gli altri”

    «Fin dalla sera della sua elezione, sono rimasto colpito dal suo atteggiamento, in particolare quando chiese alla folla riunita in piazza San Pietro di pregare per lui. Ho percepito un approccio nuovo», ricorda Jean-Marie Lovey.

    «Il minimo che si possa dire è che non si è risparmiato», commenta il vescovo di Sion a proposito della morte del papa, avvenuta a 88 anni. Mons. Lovey rievoca subito la sua prima visita ad limina in Vaticano. «Ero stato nominato da un mese e mezzo e, superato lo stupore iniziale nel vedere il papa fare la fila alla mensa di Casa Santa Marta con il vassoio in mano, salutare le persone, ho incontrato un uomo “come tutti gli altri”.»

    Mons. Lovey è stato «folgorato» dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Tanto da farne il motto del suo episcopato e ancorare il suo ministero al pensiero di papa Francesco. «Quando gli dissi che avevo rubato il titolo del suo documento per farne il mio motto episcopale, lui ne rise e mi rispose: “fate del documento il vostro progetto pastorale!”. Ho cercato di attuare questa esortazione apostolica.»

    «Durante il pontificato di papa Francesco, c’è stata un’abbondanza di testi, orientamenti pastorali, sinodi e canonizzazioni! Al momento del bilancio, credo che sarà difficile mettere l’accento su un’unica direzione», osserva il vescovo di Sion. Cita in proposito l’enciclica Dilexit Nos, pubblicata due giorni prima della conclusione della seconda parte del Sinodo sulla sinodalità. «Questo magnifico testo sul Sacro Cuore è passato inosservato! Un peccato. Sono rimasto molto colpito dal rispetto verso lo slancio popolare della religiosità che il papa ha espresso in quel testo.»

    «Un dono dal cielo»

    «Quando ho sentito l’annuncio della morte di Francesco, ho pensato che fosse arrivata al momento giusto», confida Jean-Blaise Fellay. Per il gesuita, il papa «è andato fino in fondo alla sua corsa, ma era tempo che finisse.» Il sacerdote si rallegra che sia potuto partire in un lunedì di Pasqua, durante la festa della Risurrezione. «Simbolicamente è magnifico, è un dono dal cielo!»

    «Il pontificato di Francesco è stato molto particolare ai miei occhi», spiega Jean-Blaise Fellay, «non solo perché era gesuita, ma anche perché è stato il primo papa sudamericano. Questo importante cambiamento ha sottolineato la mondializzazione della Chiesa. Era già iniziata con l’elezione di papa Giovanni Paolo II, che aveva rivolto lo sguardo della Chiesa a Est, ma con Francesco il baricentro si è spostato verso Sud.»

    Alcuni avrebbero voluto che fosse ancora più progressista, ad esempio sulle questioni femminili, osserva. «Per me, il meglio di lui è stato il sorriso, il senso di fraternità, un dono che va oltre il cattolicesimo e il cristianesimo. Ha offerto una testimonianza umana meravigliosa.»

    Un pontificato dell’azione

    «Con la morte di Francesco, il mondo perde un fervente difensore della dignità umana», reagisce Pascal Bregnard. Il diacono del cantone di Friburgo saluta un pontificato di «coerenza». «Francesco traduceva in azione ciò in cui credeva.» Direttore di Caritas Friburgo, Pascal Bregnard è stato a lungo responsabile del dipartimento Solidarietà della Chiesa cattolica nel canton Vaud. In questo ruolo ha collaborato con l’associazione internazionale Fratello, che si impegna a far entrare nella Chiesa le persone povere e fragili.

    Ha quindi seguito con attenzione la lotta del defunto pontefice per i più piccoli. «Francesco ha sempre avuto a cuore un ritorno ai fondamenti del Vangelo, in particolare la vicinanza ai più deboli e poveri. Per lui, la fede cristiana era un’azione concreta che cambia la vita delle persone.»

    Ci lascia come pellegrini della speranza

    «La sua benedizione pasquale Urbi et Orbi ci accompagnerà sempre e ci incoraggerà a impegnarci, nonostante tutte le sconfitte, per la pace, per i più deboli, per i rifugiati e per tutti coloro che sono ai margini della società», ricorda anche a kath.ch mons. Joseph Bonnemain.

    Per il vescovo di Coira, «papa Francesco conclude in queste feste pasquali il suo pellegrinaggio della speranza. La domenica di Pasqua, papa Francesco ha potuto benedire per l’ultima volta la sua città episcopale, Roma, e il mondo intero. Ha augurato a tutti ›Buona Pasqua’. La Pasqua è il passaggio da tutte le sconfitte del mondo alla vittoria finale dell’amore senza limiti e senza fine. Dio lo ha riportato a casa in questo amore il lunedì di Pasqua. Noi restiamo sulla terra come pellegrini della speranza.»

    Amato oltre le religioni

    Alla notizia della morte di papa Francesco, Hafid Ouardiri ha recitato per lui la Al-Fatiha, la prima sura del Corano. L’intellettuale musulmano aveva incontrato il pontefice durante la sua visita a Ginevra nel 2018. Ricorda un uomo molto accessibile e aperto. «Da allora l’ho chiamato “il buon papa”», spiega a cath.ch. «Era amato oltre le religioni, perché operava in base alla nostra identità comune. Metteva la sua fede al servizio del prossimo e considerava ogni modo di credere come una saggezza e una ricchezza da condividere.»

    Il direttore della fondazione Entre-connaissance, a Ginevra, loda il riavvicinamento che Francesco ha operato con l’islam. «Era un uomo informato sull’islam, un erudito. Partendo da lì, poteva superare i muri delle religioni e permetterci a tutti di ritrovarci in quell’assoluto spirituale che piace a Dio.» Hafid Ouardiri spera che il suo successore rafforzi la sua opera di conciliazione e dialogo per condurre l’umanità verso la pace.

    Rivolgendo alla comunità cattolica romana i suoi migliori pensieri, il rabbino Eric Ackermann, della Grande Sinagoga di Ginevra, si dice a sua volta «triste per tutti i miei fratelli e sorelle di religione cristiana». L’annuncio della morte di papa Francesco «sconvolge tutte le comunità», afferma, «che non possono non essere toccate. Penso alle sue umili origini e a quanto ha dimostrato al mondo che non sono quelle a fare l’uomo, ma il merito delle sue azioni.»

    (cath.ch/rz/lb/mp/bh/kath/traduzione catt.ch)

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