Il friburghese Daniel Pittet, diventato diacono permanente nel 2023, ha stretto a partire dal 2014 un rapporto personale con papa Francesco, che ha incontrato numerose volte, spesso in un contesto informale nella Casa Santa Marta. Ricorda la semplicità e la spontaneità di Jorge Mario Bergoglio, nel tono dei fioretti del suo patrono Francesco d’Assisi.
«Per me papa Francesco è stato come un padre», sottolinea subito Daniel Pittet. «L’ho conosciuto nell’ambito dell’editoria, insieme a suor Anne-Véronique Rossi, allora superiora generale delle Orsoline, per un piccolo libro Amare è dare tutto che volevo realizzare per rendere omaggio ai religiosi e religiose della Svizzera romanda. Era stato indetto un anno dedicato alla vita consacrata e ho suggerito di chiedere al papa di scriverne la prefazione. Siamo passati tramite il vicecomandante della Guardia Svizzera che ha trasmesso la richiesta a uno dei segretari del papa. Questi mi ha invitato a Roma per presentare il progetto e mi ha introdotto direttamente a papa Francesco, che aveva letto la bozza del libro quella stessa mattina. Il papa mi ha fatto alcune domande e mi ha dato il suo consenso a firmare la prefazione».
«La seconda visita è avvenuta insieme a suor Anne-Véronique, che parlava italiano, cosa che io non so fare. Sembrava che ci conoscessimo da sempre. È stato lui a proporci un caffè! Il papa ci ha suggerito di immaginare una diffusione più ampia del libro. Ci ha fatto incontrare i responsabili della Congregazione per la Vita Consacrata».
«Non sono migliore di te»
«All’epoca, come la maggior parte dei cattolici nel mondo, mettevo il papa su un piedistallo, credendolo assolutamente inaccessibile. Me lo rimproverò in un corridoio: “Daniel, non bisogna mai mettere le persone più in alto di sé. Bisogna guardarle negli occhi: io ti guardo negli occhi. Sono papa, ma non sono migliore di te e forse tu sarai prima di me in paradiso.” Rimasi sbalordito e cominciammo a darci del tu».
«La lista delle lingue e delle edizioni del libro Amare è dare tutto continuava ad allungarsi. Ma bisognava trovare i finanziamenti, e il fallimento ci minacciava. Ne parlai a papa Francesco che mi rispose: “Non ho soldi, non posso aiutarti. Ma se hai fede, prega San Giuseppe.” E mi diede una piccola statua dello sposo della Vergine, disteso addormentato. Tre settimane dopo, la fattura era saldata. E il libro fu distribuito alla GMG di Cracovia nel 2016. Alla fine, Amare è dare tutto fu diffuso in 8 milioni di copie in 24 lingue. Dopo la morte di suor Anne-Véronique, nel dicembre 2018, papa Francesco mi scrisse un messaggio personale chiedendomi di leggerlo al suo funerale».
Violentato da un prete
«Dopo l’avventura di Amare è dare tutto, tornammo a fare quella che pensavo fosse una visita di addio a papa Francesco. Mi fece alcune domande personali e mi chiese come avevo fatto ad avere un tale successo. Ero un po’ imbarazzato. Gli risposi che era merito della Vergine Maria, di santa Teresa, del Padre Pio. Lui rispose che no, che c’era dell’altro. Suor Anne-Véronique mi diede una gomitata: “Diglielo adesso!” E confessai di essere stato violentato da un frate cappuccino per quattro anni durante l’infanzia. Si chinò verso di me, cominciò a piangere e mi disse: “Devi raccontarlo in un libro di cui firmerò la prefazione.” Avevo già avuto questo progetto ma non era andato in porto. Fu così che nacque il mio libro Padre, ti perdono».
«Dopo l’uscita del libro, fui invitato alla televisione italiana per una trasmissione di varietà che il papa mi promise di guardare. La mattina dopo, a Santa Marta, papa Francesco venne verso di me per dirmi: “Hai lo Spirito Santo con te, Daniel! Vai in tutte le televisioni del mondo. Salverai delle persone.”»
Contro i detrattori
«In Curia, alcuni non vedevano di buon occhio la mia azione e questo legame con il papa. Avevo ricevuto lettere in cui venivo denunciato come bugiardo e mitomane. Le mostrai a papa Francesco, che convocò immediatamente questi detrattori e li obbligò a scusarsi. Il tutto venne verbalizzato e registrato ufficialmente».
«Poi andai spesso a Roma con delle vittime per incontrare il papa. Sempre in modo informale, senza dover fissare appuntamenti, ma incontrandolo a Santa Marta. Ogni volta mi accoglieva con calore. Un giorno gli portai involontariamente un mafioso. Fui rimproverato dai responsabili. Quando mi scusai con papa Francesco, mi rispose semplicemente: “Grazie Daniel per avermelo portato.”»
Figlio spirituale di Padre Pio
«Quando mons. Charles Morerod, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, decise di ordinarmi diacono per le periferie, mi ricordai che papa Francesco mi aveva detto già nel 2014: “In realtà sei un vero diacono. La Vergine e San Giuseppe ti accompagneranno.” La data fissata per l’ordinazione era il 23 settembre, festa del Padre Pio. Quando ne parlai al papa Francesco, mi rispose: “Forse sei l’ultimo figlio spirituale di Padre Pio.” E passando dalle parole ai fatti, mi disse di andare in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo e fece mettere a disposizione un’auto per andarci. Poi seppi che era molto devoto al cappuccino italiano. Per me il papa è stato come un padre. Mi inviò un messaggio personale di incoraggiamento per l’ordinazione».
Una forza di carattere incredibile
«Ogni volta che lo vedevo, notavo il declino delle forze fisiche, ma la sua forza interiore era incredibile. Mi resi conto che in Vaticano era una lotta quotidiana. E che bisognava sopportarla», sottolinea Daniel Pittet. «Papa Francesco ha sempre detto ciò che pensa. Quando ha parlato degli omosessuali nei seminari usando termini volgari del gergo romano, ho riso pensando: “È proprio lui!” In realtà era molto più familiare che offensivo».
(cath.ch/mp/traduzione catt.ch)