di Cristina Vonzun
Anche in Ticino - come è già dal 2010 nella Svizzera romanda e dal 2021 nella Svizzera tedesca - arriva ora un Gruppo di ascolto per vittime di abusi in ambito religioso (GAVA). È costituito in Associazione con la presenza di specialisti multidisciplinari e supportato da persone che sono state vittime di abusi. Presentata in conferenza stampa alla USI giovedì, l’Associazione GAVA è indipendente, non ha alcun legame con la Commissione contro gli abusi istituita dalla Diocesi di Lugano e con strutture cantonali come il servizio LAV (Servizio Cantonale per aiuto alle vittime di reati), ne tanto meno con la Chiesa cattolica in Ticino. Sono quindi tre le realtà da oggi attive in Ticino, come nel resto della Svizzera, tutte appunto indipendenti una dall’altra, alle quali una persona vittima di abusi o chi ha da segnalare abusi sessuali può rivolgersi. GAVA ha la specificità di proporre alle vittime il supporto di altre persone che sono state vittime e che grazie ad un percorso sono guarite, consentendo a c hi ha subito abusi in ambito religioso di esprimersi in un ambiente indipendente dalla Chiesa, quindi «libero». «Ci rivolgiamo a chiunque abbia subito abusi in ambito religioso, tenendo presente che ci sono vittime che vogliono migliorare la situazione della Chiesa dopo aver subito un abuso ma ce ne sono anche altre che hanno un atteggiamento non favorevole nei confronti della Chiesa», ci spiega la dottoressa Myriam Caranzano, presidente di GAVA, già direttrice dell’ASPI (La fondazione per l’aiuto , il sostegno e la protezione dell’infanzia) ed esperta a livello internazionale.
Dottoressa Caranzano, in Svizzera dalla pubblicazione del rapporto di Zurigo ad oggi, sono emersi oltre 270 nuove segnalazioni. Si è parlato di «punta di un iceberg». Lei condivide l’immagine?
La «punta dell’iceberg» non vale solo per la Chiesa ma per tutta la società. Si è infatti constatato che più se ne parla, più i casi di persone che hanno subito abusi da bambini emergono. Quante volte mi capita - banalmente anche alla cassa del supermercato o in piscina - di sentirmi dire «meno male che ne parlate». Parlandone si toglie il tabù, le persone si esprimono e i casi escono. A conferma ci sono gli studi accademici come quello dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che hanno quantificato che il numero di casi a livello sociale e mondiale è estremamente elevato, molto di più di quanto si potesse pensare.
Quali le risposte, parlarne serve?
L’OMS alla fine del 2017 ha pubblicato un documento in cui presenta 7 pacchetti di strategie che hanno dimostrato di permettere una riduzione di questo tipo di violenza. Si tratta soprattutto di strategie preventive, ma tra queste c’è anche la strategia «R» in risposta all’abuso che mette in rilievo quanto è importante permettere alle vittime di parlare per aiutarle a guarire.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)