Arriva in Diocesi a Lugano una veglia di preghiera contro l’omobitrasfobia. Oggi l’Azione cattolica ticinese pubblica una precisazione (vedi sotto) con la quale si spiega anche che l’evento viene spostato dalla parrocchia del Sacro Cuore alla Chiesa riformata di Lugano, cambiando anche la data che diventa ora quella del 22 maggio alle 20.30.
1) Di cosa stiamo parlando?
Questo tipo di veglie, da una nostra ricerca redazionale, abbiamo visto che sono un progetto ecumenico già in auge in diverse diocesi in Italia, attorno al 17 maggio di ogni anno. Di fatto, ci sono pastorali diocesane che se ne fanno a carico in Italia, vescovi che partecipano a queste veglie, chiese e parrocchie cattoliche che organizzano da anni questi appuntamenti con il benestare dei vescovi locali e delle pastorali diocesane. Lo fanno anche in modalità ecumenica, ma non solo. Ma si tratta in generale di diocesi dove ci sono progetti pastorali avviati riguardo a queste persone. Altre diocesi, senza promuovere per ora veglie di questo tipo, si stanno attivando per progetti pastorali per queste persone. Di recente, abbiamo documentato il caso di Como.
2) Queste veglie cosa sono?
Di fatto queste veglie nascono con lo scopo non di propagandare messaggi che contrastano il catechismo della Chiesa cattolica, ma piuttosto sono momenti di preghiera per stigmatizzare la piaga sociale e culturale della maldicenza, emarginazione e altre forme di disprezzo, talvolta purtroppo anche scadute in episodi di violenza fisica, verso queste persone.
3) Il magistero e la violenza contro le persone omosessuali
Il magistero della Chiesa dei recenti pontefici ha sempre condannato atti denigratori e di disprezzo o violenza verso queste persone. Papa Francesco ha sottolineato, sia in interviste, sia ad esempio in Amoris Laetitia che riprende il Catechismo della Chiesa cattolica: «Ogni persona indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità̀ e accolta con rispetto» (n.250). Di fatto la condanna della Chiesa nei confronti di chi maltratta persone con questa tendenza è di lunga data. Qui ricordiamo - ben prima di papa Francesco - la “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla Cura pastorale delle persone omosessuali” , un testo del 1986, dell’allora prefetto Ratzinger, si legge: «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile...» (n.10). Il magistero evidentemente non ammette atteggiamenti rivendicativi nei confronti della morale cattolica che resta quella del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla materia.
4) Allora cosa fare? L’esperienza in Italia
In Italia, a partire da progetti di Chiesa locale, queste veglie si svolgono da anni, pur con gli inevitabili strascichi mediatici del caso e grande attenzione da parte dei pastori affinché si resti nei termini di quello che è l’insegnamento della Chiesa sulla materia. Nella gran parte dei casi l’evento nasce da una proposta pastorale condivisa previa, presentata pubblicamente in ambito diocesano e magari anche sperimentata da alcuni anni a cui poi segue, dopo un certo tempo, l’adesione alla proposta di una di queste Veglie. Molte volte sono ecumeniche.
5) La dichiarazione dell’Azione Cattolica Ticinese
Nella giornata del 15 maggio gli organizzatori dell’evento ticinese hanno diffuso un loro comunicato dove spiegano che Il progetto da loro chiamato “La porta aperta – Spazi di inclusione” nasce in seno all’Azione Cattolica, dopo “che - scrivono - abbiamo rilevato un bisogno concreto da parte di alcune persone omosessuali e delle loro famiglie che ci hanno espresso il bisogno di poter vivere la loro fede in un ambito protetto, poiché sono state allontanate dalle loro realtà parrocchiali e/o di comunità. Partiamo quindi da un bisogno concreto di persone che hanno vissuto sulla loro pelle questo tipo di discriminazione che le ha allontanate dall’esperienza di fede, e abbiamo deciso di accoglierle”. E proseguono con le ragioni: “Con questo progetto quello che noi vogliamo fare è dare la possibilità di pregare, formarsi e approfondire un percorso di fede. Esattamente quello che è il nostro compito come Azione Cattolica e che la nostra associazione di laici, uomini e donne, svolge da sempre in collaborazione e in comunione con i nostri pastori”. L’Azione cattolica ricorda di avere già svolto una funzione di questo tipo in passato con il gruppo dei separati e divorziati. “Non abbiamo mai messo in discussione il valore del matrimonio religioso, abbiamo dato alle persone spazi di confronto, formazione e preghiera”, scrive l’ACT. Segue una precisazione: “Non abbiamo nessuna intenzione di “sdoganare” alcun concetto contrario al Vangelo”. Nel comunicato l’Azione Cattolica Ticinese lamenta la serie di malintesi emersi di recente sull’evento e precisando che “non corrispondono assolutamente con i contenuti dell’iniziativa da noi promossa!”. In conclusione la dichiarazione precisa: “Né la veglia, né il progetto di accoglienza, che abbiamo chiamato “La porta aperta – spazi di inclusione”, hanno finalità politico-ideologiche. Durante questa veglia di preghiera ecumenica, con i fratelli e le sorelle di altre Chiese cristiane, desideriamo semplicemente pregare”.
Questi ultimi quindi sono gli auspici degli organizzatori nella loro dichiarazione che speriamo serva a fare luce su questa vicenda apparsa come una meteora nel cielo ticinese proprio nei giorni precedenti il Conclave, quando i temi erano evidentemente, altri. Resta che il discutere di questi giorni in Ticino e una certa confusione evidenziano la necessità di una chiarezza maggiore nella presentazione della proposta di queste iniziative.
(red)
Documentazione sul tema:
Un articolo del 2018 di Avvenire che presenta queste veglie nella Chiesa in Italia
Un esempio di Veglia di questi giorni in una diocesi italiana nella diocesi di Fano