di Cristina Uguccioni
Sino al 6 luglio, per tutti coloro che si recheranno a Roma, sarà possibile visitare una mostra straordinaria: “Caravaggio 2025”, realizzata a Palazzo Barberini, in occasione del Giubileo, dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica in collaborazione con la Galleria Borghese. Per la prima volta sono stati riuniti ventiquattro capolavori del maestro lombardo, concessi in prestito da collezioni private e da prestigiosi musei nazionali e internazionali, cui si aggiunge il bellissimo murale con “Giove, Nettuno e Plutone” nel casino Ludovisi. Si tratta di uno dei più importanti progetti espositivi mai dedicati all’opera del Merisi, tra i maggiori interpreti della Controriforma cattolica nell’arte. «Artista centrale della cultura figurativa europea la cui rivoluzione pittorica e la cui travolgente umanità hanno assunto i caratteri del mito» – ha osservato in occasione dell’inaugurazione della mostra Thomas Clement Salomon, direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica – «Caravaggio, con la sua cruda realtà, le luci drammatiche, una profondità emotiva senza pari, attraverso l’azione ha saputo raccontare l’animo umano nelle sue sfaccettature più profonde, dall’innocenza alla violenza, dalla speranza alla disperazione».
Il percorso della mostra, articolato in quattro sezioni, conduce alla scoperta della parabola artistica del Merisi, coprendo un arco di circa quindici anni, dall’arrivo a Roma intorno al 1595 alla morte a Porto Ercole nel 1610. Nell’ambito di questo percorso saldamente cronologico – che esplora la rivoluzione artistica e culturale operata da Caravaggio, e l’influenza che ha esercitato sull’arte coeva e nel panorama sociale del suo tempo – si possono individuare alcuni temi: ad esempio quello della ritrattistica, che in passato è stato non di rado dimenticato. L’esposizione – osserva Maria Cristina Terzaghi, una delle curatrici – «ha un carattere eccezionale nella storia delle esposizioni caravaggesche innanzitutto perché offre la possibilità di ammirare tre capolavori del maestro normalmente di difficilissimo accesso: la spettacolare tavola con la “Conversione di Saulo”, il “Ritratto di Maffeo Barberini” e l’ “Ecce Homo”, che, ritrovato di recente in Spagna, rientra in Italia per la prima volta dopo secoli. Nel percorso della mostra, inoltre, è possibile seguire tutti gli snodi della carriera dell’artista: il cambiamento umano e stilistico sorprende sostanzialmente a ogni quadro, con momenti altissimi offerti dall’accostamento di opere che nacquero probabilmente a distanza di giorni o settimane nello studio del maestro, e da allora non si sono mai più viste insieme. È il caso, ad esempio, della “Santa Caterina d’Alessandria” di Madrid, della “Giuditta” della Galleria Barberini e della “Marta e Maddalena” di Detroit, opere per le quali la stessa modella veste i panni di diverse sante ed eroine, documentando mirabilmente il processo creativo del pittore. L’ “Ecce Homo” ritrovato brilla qui per la prima volta in mezzo alle altre opere di Caravaggio, in particolare quelle del primo e secondo soggiorno napoletano, svelando ancora una volta la sostanza della poetica del maestro». Un’altra opera esposta è la magnifica “Flagellazione di Cristo”, nella quale il perno emotivo e compositivo è il corpo del Salvatore. «Nonostante l’apparente naturalismo – rileva l’insigne storico dell’arte monsignor Timothy Verdon – questo corpo di fatto rimanda alla scultura greco-romana e così comunica – oltre all’episodio neotestamentario illustrato – una dimensione universale, invitando a vedere la Passio Christi come suprema espressione della sofferenza di ogni uomo in ogni tempo e cultura, quasi a prescindere dal contesto religioso. Caravaggio, cioè, fa del corpo liberamente offerto il veicolo di un pathos che nobilita l’essere umano in ogni tempo e situazione della storia». Un altro dipinto indimenticabile presente alla mostra è la “La cena in Emmaus” (della Pinacoteca di Brera), dipinto che, osserva il critico d’arte Vittorio Sgarbi, «trasmette contrizione e pentimento. Lo stato psicologico di Caravaggio è quello dell’assassino, che scappa da chi lo sta cercando e anche da se stesso, tormentato da un senso di colpa che stravolge il clima del dipinto. Documento formidabile di come l’arte grande non sia illustrazione di un tema ma specchio dell’anima dell’artista». Chiude la mostra l’importante prestito concesso da Intesa Sanpaolo: il “Martirio di sant’Orsola”, ultimo dipinto di Caravaggio, realizzato poco prima di morire.
Per visitare la mostra
Palazzo Barberini si trova a Roma, in via delle Quattro Fontane 3. L’ingresso è privo di barriere architettoniche. La prenotazione è obbligatoria e il biglietto è nominativo.
Per informazioni e prenotazioni visita il sito ufficiale della mostra. Inoltre il catalogo della mostra, edito da Marsilio Arte, approfondisce i temi di “Caravaggio 2025”, presentando nuovi studi critici e saggi di alcuni tra i maggiori esperti del maestro lombardo.