Calendario romano Anno B / Mc 4,26-34 / XI Domenica del Tempo Ordinario
di Dante Balbo, dalla rubrica Il Respiro spirituale di Caritas Ticino
Benedetto, Francesco, Teresa d'Avila, don Bosco, Camillo De Lellis, Tommaso d'Aquino: uomini e donne così impregnati di fede da cambiare la storia, fondare monasteri, ospedali, sistemi filosofici capaci di influenzare l'intera cultura occidentale. Sono migliaia i nomi che potrebbero entrare in questo elenco, fino ai giorni nostri. Eppure sono un’esigua minoranza rispetto ai miliardi di persone che hanno vissuto e vivono sulla terra. Una cosa hanno in comune: la fede in Dio e in Gesù e nella potenza rivoluzionaria di una buona notizia. Spesso, durante la loro vita, non si sono resi nemmeno conto dell'impatto che la loro testimonianza avrebbe avuto sul futuro dell'intera società: sono stati perseguitati, hanno vissuto nel nascondimento, oppure sono diventati così celebri da cercare a tutti i costi di sfuggire al tentativo di essere inquadrati, usati, strumentalizzati. Accanto a loro ci sono altri uomini e donne che in silenzio hanno sgranato come un quotidiano rosario la fedeltà al messaggio trasmesso dalle generazioni, mostrando la presenza di Dio nel mondo. Entrambi, silenziosi o saliti agli altari avevano la consapevolezza di essere strumenti fragili nelle mani dell'Altissimo, soli e pazienti, innamorati di un Dio che prometteva loro la salvezza, che non li avrebbe mai lasciati, che li avrebbe portati con sé nella vita che non muore mai. Di questo è fatto il regno di Dio di cui parla Gesù nel vangelo della XI Domenica del Tempo ordinario, in cui un granello di senapa, infinitesimo, gettato nel terreno, cresce, spacca il guscio che lo avvolge per diventare un albero rigoglioso. La Chiesa forse, ha vissuto per troppo tempo nell'illusione di essere una potenza, di aver conquistato l'Occidente. Per questo oggi si discute della sua crisi, della diminuzione drastica dei suoi aderenti, ma si dimentica che il Regno di Dio passa sempre attraverso un piccolo «resto». L'importante non è quanti siamo, ma da che parte stiamo, ognuno chiamato, per essere corpo con quelli che hanno detto di sì.
Calendario ambrosiano Anno B / Mt 22,1-14 / IV Domenica dopo Pentecoste
di don Giuseppe Grampa
La pagina evangelica di questa domenica risulta da due parabole accostate: la prima costruita attorno al simbolo del convito di nozze, la seconda al simbolo dell’abito di nozze. Il simbolo del convito indica l’intenzione di Dio di convocare tutta l’umanità ad una festa eterna. Certo, i primi destinatari non hanno accolto l’invito ma i doni di Dio sono senza pentimento e quindi altri vengono invitati, anzi tutta l’umanità con un gesto di sconfinata larghezza. Buoni e cattivi, belli e brutti, anche l’ultimo e malconcio rottame umano è raggiunto dall’invito: vieni anche tu alla festa. Questo è la gioia dell’Evangelo. Prima di qualsiasi precetto morale, prima dei comandi e dei divieti, prima di ogni altra parola deve risuonare l’invito alla gioi dell’Evangelo. La prima parabola si ferma qui, sulla soglia della sala affollata da una umanità che nonostante le fatiche e le brutture che ne sfigurano il volto è ormai chiamata alla gioia della comunione con Dio. La seconda parabola si concentra attorno al simbolo dell’abito per la festa. Il nostro modo di vestire parla di noi, esprime i nostri intimi sentimenti. Ricordo un giorno di 60 anni fa quando davanti all’altare della mia chiesa mi tolsi la giacca e indossai la lunga veste nera. E ricordo le parole che accompagnavano quel gesto: «Ti sei spogliato dell’uomo vecchio e ti sei rivestito dell’uomo nuovo». Così iniziavo il cammino verso il sacerdozio. Notiamo il trapasso dalla prima alla seconda parabola, dal primo al secondo simbolo, dall’invito al banchetto all’abito adeguato per la festa. L’accostamento di queste due parabole indica la progressiva presa di coscienza da parte della comunità cristiana: essa deve anzitutto diffondere a tutti il lieto annuncio, l’appello alla comunione festosa con Dio, ma al tempo stesso farsi guida e maestra che indica gli atteggiamenti, i comportamenti, appunto gli abiti degni di questa lieta comunione con Dio.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)