Calendario romano: Lc 3,15-16.21-22
di Dante Balbo
Calendario ambrosiano: Lc 3,15-16.21-22
La consolazione per me, bambino, in un istituto per ciechi, da cui raramente tornavo a casa, era il profumo di mia madre o il saluto brusco di mio padre, la domenica, quando venivano a trovarmi. Poche ore da condividere, un tè con il latte al bar dopo una passeggiata, oppure un panino con «la bistecca», assaporato come un regalo di Natale. Era una luce nel buio, anche se devo esser grato ai miei che mi hanno permesso di studiare in un posto ove ho imparato quello che ancora mi è necessario per essere autonomo nel mondo. Qualcosa di simile, immensamente più grande, ha vissuto il popolo di Israele, anche se ignaro, quando Gesù scese al Giordano per farsi battezzare da Giovanni il Battista. Gli altri venivano a depositare nelle acque del fiume i loro peccati, il Figlio dell'Uomo veniva a raccoglierli, per portarli su di sé, fino al sacrificio estremo. Qui cominciava la sua missione, il Padre lo benediceva, lo Spirito Santo, come la colomba dopo il diluvio, trovava finalmente una terra dove riposare. Come una domenica ordinaria, in cui la consolazione scendeva su di me, senza rumore, eppure tanto dolce che ancora la ricordo, così in un giorno qualsiasi, Gesù, confuso fra i pellegrini, insisteva con Giovanni affinché lo trattasse come gli altri. Eppure in quel momento si realizzava una profezia pronunciata 700 anni prima da un profeta di corte, Isaia, che annunciava agli ebrei che sarebbe venuto Dio stesso a consolare il suo popolo. La salvezza che aspettavano ora veniva nell'umiltà di un Dio che si mescolava alla condizione umana, lasciandosi sommergere dalla nostra fragilità. Invece di essere purificato, il Signore rese l'acqua del Giordano strumento di salvezza. Ancora oggi chi si battezza nel fiume non ha bisogno che l'acqua sia benedetta, come normalmente si fa nella celebrazione di questo sacramento. Per questo Giovanni dirà ai suoi discepoli: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.», offrendoci in cambio consolazione nell’umile vivere ordinario. * Il Respiro spirituale di Caritas Ticino
di don Giuseppe Grampa
Per questo primo atto pubblico sulle rive del fiume Giordano, lo stile di Gesù è sorprendente e paradossale: si manifesta nascondendosi. Luca annota che c’era tanta gente e in quella calca anche Gesù che chiede come tutti gli altri a Giovanni Battista il gesto di purificazione nell’acqua del fiume. Gesù inizia la sua vita pubblica mescolandosi con la folla, quasi perdendosi in questa umanità. Anche i Magi per vedere l’Epifania, la manifestazione del neonato Re dei Giudei, avevano dovuto lasciare il palazzo del sovrano per trovare nella campagna di Betlemme in una qualsiasi casa questo singolare Messia. E adesso, trent’anni dopo, la seconda epifania, la seconda manifestazione, è un mescolarsi con la folla, identificandosi con quella massa di gente che si immerge nelle acque del Giordano.
Cominciamo a scoprire una legge dell’agire di Gesù, un suo singolare stile: per manifestarsi Gesù non vuole distinguersi, non prende le distanze, non emerge. Anzi si immerge dentro l’umanità, quasi si confonde con essa. È ancora una volta la legge dell’incarnazione, dell’entrare fino in fondo nell’umano assumendolo. C’è solo una voce che lo dichiara «Figlio amatissimo». Questa parola ci riguarda perché anche per noi, il giorno del nostro battesimo di cui non abbiamo alcuna coscienza, questa parola è stata pronunciata. È bello e giusto che i genitori conferiscano il battesimo al loro figlio nei primi mesi di vita. Con il dono della vita vogliono riconoscere subito la tenerezza di Dio per la loro creatura. E questa è l’indicazione che la Chiesa offre. Altri preferiscono rinviare questo gesto ad una età di maggiore consapevolezza. Molti e diversi i modi di venire al mondo. Certo per scelta consapevole dei genitori che, proprio perché si vogliono bene, trasmettono la vita al figlio. Non mancano anche gli incidenti di percorso, gravidanze non desiderate. Eppure ogni nascita è accompagnata da una voce che dice: «Tu sei mio figlio, l’amato».
Un commento al tema giubilare della speranza, a partire dalla Bolla di indizione e alla luce della "Deus caritas est" di papa Benedetto XVI, fino ad un testo del card. Carlo Maria Martini.
Domani, nei Vicariati del Ticino, alle ore 17, con diretta streaming iniziale dalla Cattedrale, l'apertura del Giubileo. L'intervista a due vicari foranei, don Ministrini per il Mendrisiotto e don Andreatta per il Locarnese.
Sabato "Strada Regina" su RSI LA1. Domenica "Chiese in diretta" su RSI Rete Uno e la Santa Messa su RSI Rete Due.