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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Domenica 8 settembre. Commenti al Vangelo
    COMMENTO

    Domenica 8 settembre. Commenti al Vangelo

    Calendario romano: Mc 7,31-37

    Da carne a carne, il tocco di Dio

    di Dante Balbo*
    Io guardo con le orecchie e quando posso con le mani. Le mani parlano, ascoltano, comunicano la gioia, l'ansia, la tenerezza, la cura. Prima dello sguardo, il bambino sente il tocco della mamma, è sicuro fra le sue mani, si affida e sa che non lo lasceranno cadere. Gesù tocca i malati, i lebbrosi, i bambini. Spezza il pane, benedice sollevandosi verso il cielo, offre le mani alla croce, rialza la suocera di Pietro, tocca la bara del figlio della vedova, solleva la figlia di Giairo, prendendola per mano. Ha scelto la carne per toccare la carne dell'uomo, fasciare le sue ferite, guarire le sue infermità, far sentire tutta la sua vicinanza all'umanità che spera in lui, senza distinzioni, anche in terra pagana. Nel Vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario guarisce un sordomuto, toccando la sua lingua con la propria saliva, aprendo con le dita le sue orecchie chiuse. In questo modo gli offre la possibilità di ascoltare la Parola che risana e di proclamarla al mondo. Questo è il modo della presenza di Dio, ma che sarebbe stato limitato se avesse riguardato solo il periodo breve in cui suo figlio abitò in mezzo a noi. Il sordomuto diviene il simbolo di chi ha gli strumenti per continuare il viaggio di Gesù nel mondo, toccando e risanando, amando come Lui ha amato. È la chiesa, ferita e fragile, ma che porta in sé la potenza del Maestro, se rispetta la sua vocazione. Lo spiega bene san Giacomo, con la concretezza tutta ebraica, che ricorda ai cristiani la preferenza di Dio per i poveri. Chi non ricorda fra gli anziani i banchi delle chiese riservati alle famiglie agiate, magari generose con la chiesa? L'Apostolo ricorda che un’offesa al povero è insulto a Dio. Si tratta di aspetti tangibili: cibo, vestiti, cura, attenzione, un modo per porre la persona al centro, perché Gesù si è incarnato, ha scelto la condizione umana per portarla al cuore di Dio. Solo nella chiesa il corpo è così importante da divenire sacramento, pane di vita eterna, protagonista della Risurrezione di cristo e della nostra!

    *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube

    Calendario ambrosiano: Gv 5,37-47

    Quando "scrutare" le Scritture non basta

    di don Giuseppe Grampa
    Per tre volte nella pagina evangelica Gesù evoca le Scritture sacre: «Voi, dice ai Giudei, non avete la Sua parola che dimora in voi», e poco dopo, «Voi scrutate le Scritture…». Infine: «Mosè di me ha scritto…ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?». Gesù rimprovera i Giudei che sono sì studiosi della Scrittura sacra, adoperando un termine tecnico – «scrutare» – che indica appunto lo studio rigoroso della Bibbia. Gesù riconosce che questi suoi contemporanei «scrutano» le Scritture eppure non «vengono» a Lui e questo verbo «venire» sta per «credere». Scrutano le Scritture ma non si muovono di un passo verso Gesù, non credono in Lui, non si affidano alla Sua persona. E questo esercizio non basta: le parole della Scrittura Sacra non sono solo parole che un serio studio permetterebbe appunto di capire; dobbiamo «venire», piuttosto, verso Colui che ci rivolge le Sue parole, cioè credere in Colui che ci parla.
    E di nuovo, al termine della pagina odierna l’appello a credere agli scritti di Mosè per poter arrivare a credere alle parola di Gesù. Non basta allora «scrutare» le Scritture, bensì bisogna dalle parole risalire a Colui che possiamo ascoltare e conoscere proprio grazie alle sue parole. Quando nell’Assemblea cristiana si apre il libro delle Sacre Scritture e lo si legge, non si compie tanto un utile esercizio di istruzione ma si diventa uditori di Qualcuno che a noi si rivolge. E così la sua parola dimora in noi. Il Concilio ci ha ricordato che «Cristo è presente nella sua parola giacchè è Lui che parla quando nella chiesa si legge la sacra Scrittura» («Costituzione sulla sacra liturgia», n.7). Tra poco ricevendo il pane spezzato ricordiamo la parola di Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (Gv 6,56). Riscopriamo con stupore la bellezza dei gesti che, come ogni domenica, compiamo: il Signore dimora in noi e noi in Lui. Grazie alla sua Parola e al Pane, suo corpo dato.

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