Calendario Romano Mc 4,35-41 / XII Domenica del Tempo ordinario
di Dante Balbo*
«Quando una mia amica di 17 anni è morta improvvisamente, un ragazzo di 15 anni, fulgido testimone di fede è stato stroncato dal male, un vescovo giovane promessa per la Chiesa locale si è spento, dov’eri signore?». Non c’è stato un secolo senza guerre, i barbari convertiti al cristianesimo ritornano sotto altre forme, nella violenza dei social, nell’insensata marea complottista, nello smarrimento degli adulti, Dio dov’è?
Dio non spiega il male, non giustifica la sua insensatezza, di fronte al giusto Giobbe, nella prima lettura della XII domenica del tempo ordinario, ma interroga l’uomo sulla sua finitezza. Gesù non evita la tempesta che si abbatte sulla barca dei suoi discepoli, anzi, riposa su un cuscino a poppa, lascia che gli uomini gridino terrorizzati accusandolo di non fare niente per salvarli. Poi si impone sul mare e sul vento, riducendo entrambi al silenzio. Le domande che introducono questa riflessione non sono esercizi letterari, hanno segnato la mia vita e quella di altri, lasciandoci senza risposte, finché non abbiamo scoperto che non sono le spiegazioni quello che dobbiamo cercare.
Il male è una realtà che attraversa l’esistenza, per un disordine che noi stessi abbiamo creato, diffidando di chi ci voleva bene sul serio, ma, a volte, anche questa spiegazione non è sufficiente a colmare il vuoto e lo smarrimento che ci invadono. L’unica risposta possibile è una relazione, un incontro, come dice san Paolo nella seconda lettura, in cui ci lasciamo possedere da un amore più grande. Dio non è venuto a spiegarci perché i bambini muoiono di fame per la sete di potere e di ricchezza di pochi, le donne sono umiliate da migliaia di anni, gli uomini nel suo nome compiono stragi e guerre, ma a condividere con noi lo stesso destino, la stessa indignazione per l’ingiustizia, senza mai accusare il Padre, restando fedele fino alla morte. Per questo la morte non ha potuto tenerlo in suo potere ed è stata sconfitta. Ora lo so dove sei: accanto a me, ogni istante. *Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale
Calendario ambrosiano Gv 12,35-50 / Domenica V dopo Pentecoste
di don Giuseppe Grampa
La prima parola che Dio, il Creatore, pronuncia è «Sia la luce» (Gen 1,3). Il primo gesto creatore è stato quello che ha dissipato le tenebre, l’oscurità, il caos primordiale e ha portato la luce, principio dell’intera creazione. E l’ultima pagina della Scrittura sacra è di nuovo nel segno della luce: «La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello» (Ap 21,23). Possiamo allora dire che l’intera storia dell’umanità sta tra la luce del primo mattino del mondo e la luce dell’ultimo giorno, quando la luce che è Dio stesso illuminerà l’intera umanità.
Non si dice forse, con espressione significativa, che nascere è «venire alla luce», mentre il morire è «entrare nell’oscurità»?
Per questo, secondo la Scrittura sacra l’intero cammino della vita è un andare rischiarati dalla lampada che è la parola del Signore: «Lampada ai miei passi la tua parola e luce al mio cammino» (Sal 118,105). La luce ritorna nelle pagine evangeliche. In particolare il quarto evangelo, che presenta Gesù come luce: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9; 3,19; 8,12; 9,5). E nell’evangelo di oggi: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre».
Ma che cosa significa questo simbolo della luce? Privi di questa luce che è Gesù siamo inesorabilmente nelle tenebre, ovvero siamo nella condizione di non poter vedere dove mettiamo i piedi, siamo disorientati.
Anche questa parola è significativa. Diciamo: «Siamo disorientati, non so da che parte andare perché mi manca l’ orientamento». Non so dove è l’oriente, là dove sorge il sole e da dove viene la luce.
In altre parole: se non ci apriamo a questa luce, a questo sole che sorge siamo inesorabilmente nelle tenebre, nell’oscurità e quindi disorientati. Credere in Gesù è aprirci a questa luce.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)