Caledario Romano Mc 10, 2-16
di Dante Balbo
La chiesa in questa XVII domenica del Tempo Ordinario si muove sul filo del rasoio.
Il tema è uno di quelli che dividono la società intera e soprattutto i fedeli e i sacerdoti, stretti fra il rispetto della volontà di Dio e la misericordia verso coloro che questa volontà non sono riusciti a rispettare, per mille ragioni. La questione non è legale, né di osservanza di una legge, ma riguarda il significato profondo del matrimonio, al centro del Vangelo odierno. I farisei infatti mettono alla prova Gesù chiedendogli se sia lecito per un uomo ripudiare la moglie, come previsto dalla legge di Mosè.
Il maestro sposta la questione, anzitutto ricordando che non è una faccenda solo per maschi, ma di pari dignità. Infatti riporta il senso del matrimonio alle origini, al legame fra un uomo e una donna, nella loro identità più profonda di maschio e femmina. Sposandosi realizzano l'immagine stessa di Dio, in un mistero che si apre all'infinito, vive della stessa unione fra il Padre e il Figlio, nello spirito Santo, ma anche dell'intima comunione fra Cristo e la chiesa.
Dicendosi il Sì davanti a Dio nel matrimonio, non sanciscono un contratto, per quanto impegnativo, ma si inseriscono in un'alleanza che non sono loro a definire, ma Dio stesso. In un altro passo evangelico parallelo a quello di Marco che leggiamo oggi, infatti, Pietro l'apostolo, con la sua solita franchezza, esclama che a queste condizioni non vale la pena di sposarsi.
Gesù gli risponde che questo è impossibile all'uomo, ma possibile a Dio. In altre parole, un matrimonio è possibile solo se affidato all'amore da cui è generato, che supera quello che gli sposi da soli sarebbero in grado di scambiarsi. Prima ancora di capire come fare con tutti i matrimoni che non sono riusciti a realizzarsi in pienezza, è importante comprendere di cosa è fatta questa unione, chi viene coinvolto nel rapporto fra gli sposi, ne diviene garante e può sostenerlo quando vacilla o sembra andare in pezzi. Quando si preparano gli sposi, alle norme è necessario sostituire l'immensità del mistero d'amore.
Calendario ambrosiano Mt 20, 1-16
di don Giuseppe Grampa
Questo padrone della vigna che dà a chi ha lavorato una sola ora lo stesso salario di chi si è spaccato la schiena per l’intera giornata, urta la nostra esigenza di giustizia. Hanno ragione gli operai della vigna che vorrebbero proporzionalità tra lavoro e salario. Sappiamo che non sempre è stato così e anche oggi non è sempre e dappertutto così. Quindi la protesta degli operai nella vigna ha una sua legittimità. Ma la parabola, attraverso il comportamento del padrone, vuole proporci un’altra logica nel segno della gratuità, del dono, della magnanimità che non sostituisce ma integra la giustizia. Quanti gesti della nostra vita quotidiana sono dettati da questa logica di gratuità. Per la gioia di donare, per il semplice desiderio di manifestare amore, gratitudine, senza obbligo alcuno, per rispondere allo slancio del cuore magnanimo, grande appunto. Quanti gesti sgorgano da questa gratuità, non sono frutto di calcolo, di tornaconto, sono dettati solo dall’amore per la persona. Quante volte Gesù ci ha raccomandato questo stile: quando dai una cena non invitare quanti potranno a loro volta restituirti la cortesia invitandoti alla loro tavola; invita piuttosto quanti non potranno ripagarti. E ancora: se amate quelli che vi amano che merito avete?, se fate del bene a quelli che vi fanno del bene che merito ne avete? Agisci piuttosto secondo una logica di gratuità. Ecco, il padrone della vigna vuole dare ben al di là del merito, cioè del lavoro compiuto, ma con un gesto di amore gratuito che facciamo fatica ad accogliere ci ricopre della sua benevolenza. Il padrone della vigna non è un bizzarro signore che dispone capricciosamente del suo denaro: ha il volto di un Dio magnanimo. Questo aggettivo, magnanimo, mi incanta. Vorrei che l’evangelo ascoltato scardinasse il mio cuore meschino per renderlo capace di gesti magnanimi e disinteressati. Custodiamo con rigore la giustizia come vogliono gli operai della vigna, e chiediamo la grazia di saper compiere gesti gratuiti secondo lo stile del padrone della vigna, lo stile di Dio.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)