di Cristina Vonzun
Il rapporto tra la Chiesa e i movimenti femminili non è mai stato facile, soprattutto quando questi sono stati l’espressione di rivendicazioni femministe estreme. Tuttavia, non si può non guardare con gratitudine anche all’altra faccia della medaglia, costituita da quel contributo propositivo dato da una teologia al femminile. Tra coloro che in ambito italofono si occupano del tema, invitata a Lugano a prendere la parola in un ciclo organizzato dall’Unione Femminile Cattolica ticinese, l’Azione Cattolica di Milano, altri enti e con il patrocinio della Diocesi di Lugano, è Alice Bianchi, del coordinamento delle teologhe italiane.
Alice Bianchi, quando si sente la parola femminismo, la mente corre a rivendicazioni tutt’altro che cattoliche. Per parlare di teologia al femminile, si deve per forza ricorrere a questo termine?
«Il termine “femminista” ha un suo valore, perché dice di una storia e di un’autoconsapevolezza delle donne. Oggi però è utile parlare anche di teologia “di genere”, cioè una teologia che non fa mai finta di essere neutra, e quindi parla sempre o dal punto di vista femminile o da quello maschile. Gli uomini, infatti, non solo possono essere alleati delle cause femminili, ma cominciano a interrogarsi su loro stessi: cosa significa essere maschi nella Chiesa? Che differenza c’è tra essere maschi anziani o giovani, preti o laici, poveri o ricchi? Come funziona il loro potere? E come possono moltiplicarlo?»
I biblisti affermano che Gesù fu innovativo in rapporto alle donne del suo tempo. Può aiutarci a capire grazie a qualche esempio?
«Il tema è amplissimo. Cito solo un caso, caro alla teologia delle donne, che è quello della donna siro-fenicia (Mc 7, 24-30). Gesù esce dalla Galilea, e questa donna gli si presenta per supplicarlo di guarire sua figlia, ma lui la allontana dicendo: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Lei replica: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli”. Gesù la ascolta, prende sul serio la sua storia, ed è come se si lasciasse convertire da lei. Nella richiesta della siro-fenicia c’è tutta la sua vita, compresa di sofferenze… E anche per le donne che oggi prendono parola nella Chiesa vale la stessa cosa: sono le nostre vite, le nostre esperienze a volte dolorose, che chiamano le nostre comunità a conversione».
Quindi cosa potrebbe suggerire alla Chiesa la modalità di questo dialogo tra Gesù e la donna siro-fenicia?
«Nella Chiesa ci sono vari modi di vivere il dialogo tra uomini e donne. Esiste un modello asimmetrico, dove gli uomini hanno il potere e le donne restano al margine; oppure un modello complementare, quello delle due “metà della mela”, un’immagine per nulla cristiana, oltre che non sempre realistica: uomini e donne hanno a volte attitudini, competenze, passioni comuni e sovrapposte. C’è poi un modello in cui un uomo e una donna hanno una relazione “reciproca”, cioè si confrontano con libertà e alla pari, con le proprie biografie personali: bello, ma dice solo di un rapporto “uno a uno”. A me piace di più ragionare con la parola “gratuità”, perché rende subito evidente che le nostre relazioni sono sempre molte e intrecciate tra di loro. Quando io, che sono donna, parlo con un’altra persona (uomo o donna che sia), nella conversazione entrano sempre tutte le donne e tutti gli uomini che ho incontrato nel corso della vita e che mi hanno fatto diventare ciò che sono… La gratuità è un modello di relazione che esprime bene l’idea di comunità».
Il Papa proprio nei giorni scorsi ha dichiarato in un’intervista di essere aperto al diaconato femminile ma non come sacramento dell’ordine; quindi, per la donna si prospetterebbe un diaconato diverso rispetto a quello a cui accedono gli uomini. La dichiarazione di Bergoglio ha fatto discutere…
C’è molto da ripensare sull’intera teologia del ministero ordinato, per tutti. Intanto, però, il tempo per il diaconato delle donne è maturo: sono ormai otto anni che le commissioni create dal Papa stesso lavorano ufficialmente sul tema, e già da decenni si studiava la questione. Le due cose devono procedere insieme: da una parte riflettere sui ministeri, dall’altra fare dei passi concreti verso il diaconato delle donne».
La teologa Alice BianchiIl percorso organizzato dall’Unione Femminile Cattolica ticinese, dall’Azione Cattolica della diocesi di Milano e da altri gruppi e enti sul tema «Piccola scuola per vite risvegliate di donne e uomini» nell’ultimo appuntamento guidato dalla biblista italiana Annamaria Corallo, la tematica «decostruire linguaggi e stereotipi di genere». L’appuntamento, inizialmente previsto per l'8 giugno, è stato rimandato a settembre a causa di un'indisposizione della relatrice.
Per informazioni scrivere a ufct@unionefemminile.ch o corinne.zaugg@gmail.com. Non è necessaria l’iscrizione.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)