Calendario romano
Amici e diversi, per un corpo vivo
di Dante Balbo*
Ho un amico, ormai da 43 anni, così stretto e così diverso, con cui mi sono scontrato e ho condiviso fatiche e gioie, dolori e speranze, un cammino nella fede e da 27 anni un ministero nella Chiesa. Nel celebrare la festa degli apostoli Pietro e Paolo, mi è subito venuto in mente, senza alcuna pretesa di paragone, ma solo perché anche fra noi, le differenze non ci hanno mai impedito di essere collaboratori dello Spirito Santo nella edificazione del Corpo vivo del Signore. Io, a parte una fase giovanile di contestazione più intellettuale che reale, sono cresciuto nella Chiesa; lui è un chiamato dalla potenza di Gesù, da una vita disordinata e non facile. Io ho svolto il mio servizio paziente, soprattutto all'interno della comunità ecclesiale; lui un turbine che ha bisogno di annunciare il Vangelo nei posti più improbabili, ai lontani, agli esclusi, battendosi anche perché a loro sia fatta giustizia. Siamo diversi, eppure in noi batte lo stesso cuore di Cristo, nella nostra debolezza, nella passione, nel desiderio che venga il Suo Regno. Si ripete nell'umile esperienza della Chiesa locale, per noi, come per molti altri, quello che ha permesso alla comunità dei credenti di crescere ed espandersi: la stabilità della Chiesa che cammina attorno ad un pastore sicuro e lo slancio di un annuncio che non conosce confini. Per me ed il mio amico tutto questo è solo in bozza, perché io non sono pastore autorevole e lui non ha girato il mondo per convertire popoli interi e ignari del Vangelo, ma rappresentiamo questa differenza indispensabile a far crescere il Corpo Santo del Signore. Pietro e Paolo vengono festeggiati insieme proprio per questo: erano amici e diversi, fragili e forti, capaci di mostrare nella loro vita l'anima della Chiesa, che aveva bisogno di entrambi. Paolo ha litigato con Pietro, ma quando ha voluto farsi confermare nella sua missione è andato a cercarlo. Pietro ha avuto il coraggio di cambiare idea, senza perdere la sua autorità. Sono diversi e amici; entrambi hanno dato la vita, come Gesù. *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino
Calendario ambrosiano
Dal peccato originale a «Dio che salva»
di don Giuseppe Grampa
L’evangelo di questa domenica ci riporta il nome che un angelo consegna a Giuseppe perché sia quello del bambino che nascerà da Maria. Toccherà infatti a Giuseppe dargli il nome: «Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». E il peccato compare fin dalle prime pagine della Scrittura Sacra. Leggiamo oggi il racconto di quello che siamo soliti indicare come «peccato originale». C’è una domanda che non possiamo evitare e che non a caso accompagna la storia dell’umanità fin dalle origini: perché il male, da dove il male? Quale la sua origine? Chi ne è l’autore? A questo interrogativo – da dove viene il male? – risponde anche la grande tradizione ebraica con la seconda pagina della Bibbia. È importante che sia la seconda pagina. Infatti la prima pagina, lo ricordiamo bene, narra la creazione scandita dal ritornello: «E Dio vide che era cosa molto buona». La creazione uscita dalle mani di Dio è buona. All’origine non ci sono due principi uno positivo e uno negativo, ma una creazione buona perché buona, inguaribilmente buona. Ma allora, è ancora più inquietante la domanda: da dove il male? Ecco dunque la seconda pagina biblica, il racconto che abbiamo ascoltato nella prima lettura, nel giardino di Eden, presso l’albero della conoscenza. Non è, ovviamente, la cronaca di un evento storico ma un grande racconto mitico che attraverso la simbolica del frutto dell’albero allude alla libertà dell’uomo e della donna che si sottraggono a Dio, alla sua parola. Ma il peccato non è l’ultima parola e già nel giardino di Eden risuona la promessa del Salvatore, nato da donna. Il suo nome sarà Emmanuele cioè Dio con noi. Il suo nome sarà Gesù, cioè Dio salva. Sconfiggiamo, allora il sospetto che Dio sia pericoloso rivale dell’uomo e della sua libertà: è con noi, non sopra di noi né contro di noi. Con noi, per salvarci: perché non avvenga che anche noi ci sottraiamo alla sua presenza, ci nascondiamo dal suo sguardo, diffidando di lui, temendolo.