Ho letto una bella frase di Madre Teresa di Calcutta che mi ha fatto riflettere: “Tutti siamo chiamati alla santità e la via per arrivare alla santità è la preghiera”. La Madre dei poveri, con tutte le opere messe in piedi durante la sua vita, non dice che la santità consiste nel fare ma nell’essere, nel pregare a lungo e meglio che possiamo. In un altro contesto, la Santa di Calcutta, affermava che a pregare si impara pregando. Noi, a volte, pensiamo che le opere siano sufficienti per la nostra salvezza ma non possiamo trascurare la preghiera. Fede e opere, preghiera e azione, vanno insieme. Potremmo dire con San Giacomo che la fede senza le opere è morta, ma anche che le opere senza la fede e la preghiera, sono poca cosa, un ideale di filantropia più che un vivere cristiano. La preghiera fa bene a noi stessi e agli altri. L’azione, senza una profonda vita interiore, ci svuota; la preghiera ci aiuta a ricaricare le batterie e a dare un senso a tutto ciò che facciamo, ancora di più se uniamo le nostre azioni a quelle di Cristo, che ha il dono di santificarle. Le suore della Carità di Madre Teresa, fanno ogni giorno un’ora di adorazione silenziosa davanti al tabernacolo. Da lì traggono la forza per svolgere i lavori più umili e perfino ripugnanti. La preghiera è come il motore che ci fa camminare, è come il fiore che si gira verso il Sole che è Gesù e si lascia illuminare da lui. Gesù, nella sua breve esistenza, ha preferito trascorrere la maggior parte dei suoi anni, nella vita nascosta di Nazareth, sottomesso ai suoi genitori. Anche nei tre anni di predicazione, amava trascorrere le notti in preghiera, a tu per tu con il Padre Amato. Un’antifona dell’ufficio recita così: “Siamo la comunità dell’alleanza, non dimentichiamo l’amore del nostro Dio”. Pregare è ricordarci che Dio ci ama, perché “solo chi prega riconosce che Dio non ci abbandona mai”. (Card. Martini) Con la preghiera riceviamo da Dio la forza per superare le prove della vita. Le sofferenze ci rendono vulnerabili, con insistenti implorazioni diveniamo più forti (vedi Gesù nel Getsemani). Concludo con una preghiera di R. Tagore, poeta indiano (1861-1941): “Signore,lascia che io mi sieda per un momento al tuo fianco; finirò più tardi il lavoro che mi attende. Lontano dal tuo sguardo, io subito mi stanco; il mio lavoro è pena e mi sento perduto. Con te trovo la vita, i suoi sussurri e sospiri, ho mille menestrelli alla corte del tuo amore. Lascia che io mi sieda a faccia a faccia; voglio cantare la gioia d'appartenere a te.” di Suor Sandra Künzli