Piero Pingitore, scomparso prematuramente l’anno scorso, è stato un assistente sociale «in proprio» e fuori schema, fedele a sé stesso ma soprattutto agli altri. La sua storia è raccontata, dalla sorella, in un libro dal titolo «Tu vali» (ed. Concreo) che verrà presentato in una serata pubblica, venerdì prossimo 22 novembre, ore 20.30, all’Auditorium dell’Università della Svizzera italiana a Lugano. Interverranno l’autrice, Raffaella Pingitore, ginecologa; Olga Mattioli, docente e artista; Antonio Masuri, responsabile dei progetti educativi di AVAID in Kenya e Gerry Beretta-Piccoli, assistente sociale a Lugano. Michele Fazioli sarà il moderatore della serata.
Abbiamo chiesto a Raffaella Pingitore cosa l’ha spinta a scrivere questo libro: «Dopo la morte di Piero
– ci dice la dottoressa – oltre che affranta per il distacco e l’oggettiva
sofferenza di tutti, sono rimasta anche molto stupita per la profondità delle
relazioni che si erano stabilite in quei pochi mesi. Ho poi trovato degli
scritti di mio fratello sulla sua vita, sul lavoro sociale che svolgeva,
pensieri sul bene e sul male nel mondo, che mi hanno stupito per la purezza di
sguardo e l’onestà di una posizione senza compromesso e senza secondi fini.
Così ho pensato di far conoscere a più persone tutta questa ricchezza
attraverso una pubblicazione».La morte di un famigliare è un momento
anche di bilancio sulla vita vissuta fino a quel momento. «Sono molto grata –
prosegue Raffaella - al tipo di
educazione ricevuta perché puntava alla condivisione del bene e del bello. Se
l’altro è triste, ci diceva nostra mamma, noi non possiamo essere totalmente felici.
Piero è forse quello che più ha fatto suo questo insegnamento».Cosa la colpiva del suo modo di lavorare?
«Ascoltava i ragazzi, andava a parlare
con i genitori, con le istituzioni sociali. Interveniva dove pensava ci fosse
un’ingiustizia ma non come un burocrate. Poi progettava occasioni di svago
affinché i ragazzi non perdessero il tempo a bighellonare o peggio a
delinquere. Li portava a sciare. Andava alle feste e cantava con loro.
Condivideva la vita dei ragazzi».Come ha vissuto Piero la malattia e l’avvicinarsi della morte?
«La cultura dominante cerca in tutti i
modi di anestetizzare il dolore e di
censurare la morte. Piero non aveva paura di morire. Questa serenità di fondo
nasceva dalla certezza che non finisce tutto nella morte, un’altra vita lo
attendeva».Il ricavato del libro, in vendita durante la serata e disponibile nelle librerie e online, verrà devoluto ad Avaid (Associazione volontari per l’aiuto allo sviluppo) per il Meeting point international in Uganda, e al CISOL (Centro di iniziativa sociale latinoamericano per bambini disagiati) in Equador.
Federico Anzini