Sono 137 milioni le donne adulte e 59 milioni le minori di 15 anni che nel mondo subiscono almeno un ‘livello alto’ di discriminazione e persecuzione a causa della loro fede cristiana: a ricordarlo oggi, nella Giornata internazionale della donna, è Open doors/Porte aperte, organizzazione cristiana che, dal 1955, aiuta i cristiani perseguitati a causa della loro fede.
Secondo la World Watch List 2025 (Wwl), la lista dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo, redatta annualmente da Open doors/Porte aperte (diffusa il 15 gennaio scorso a Roma, ndr.), emerge che “circa 196 milioni di cristiane nel mondo” subiscono “matrimoni forzati, violenza sessuale, violenza fisica e psicologica, rapimenti a scopo di riscatto o per alimentare il lucroso business della tratta degli esseri umani e quindi la riduzione a schiavitù”.
Tutti questi, spiega l’organizzazione, sono “i cosiddetti punti di pressione della persecuzione religiosa specifica di genere, che si presentano come sottili filamenti di una ragnatela che intrappola nel terrore, nella minaccia e nella violenza la vita di milioni di donne nel mondo”. Va sottolineata, argomenta Open doors, “la difficoltà di raccogliere dati su questi fenomeni dovuti all’omertà e alla cultura della vergogna/onore tipiche di certe culture, che condannano le donne a subire in silenzio e non denunciare mai i reati subiti, anche per la diffusa e venefica impunità che spesso ammanta chi perpetra questi crimini. Ciò che denunciamo dunque è la punta di un iceberg di un fenomeno assai più massivo e permeante”.
Nei primi 50 Paesi della World Watch List emerge che il matrimonio forzato è riportato dall’84% dei paesi, la violenza sessuale dall’82% dei paesi, la violenza fisica dal 72% dei paesi, la segregazione in casa dal 62% dei paesi, mentre la violenza psicologica dal 62% dei paesi. Secondo le ricerche relative all’anno scorso, “i matrimoni forzati salgono da 609 a 821 casi denunciati, un nulla rispetto alla realtà del fenomeno. Pakistan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, India e Nigeria, sono i paesi dove questa pratica distrugge di più la vita delle donne, spesso minorenni, e altrettanto spesso il matrimonio forzato è strettamente connesso a un rapimento: quindi si rapiscono ragazze cristiane forzandole a sposare un uomo musulmano o il membro di un particolare gruppo estremista, anche per indebolire e spaventare l’intera comunità cristiana dell’area”.
Altro fenomeno riportato è quello dello “stupro come arma di guerra. In contesti di insicurezza, la violenza sessuale viene utilizzata come una vera e propria ‘strategia di guerra’, perpetrata con lo scopo ultimo di punire ed umiliare le comunità sotto attacco”. Secondo i dati della Wwl 2025, esclusi i matrimoni forzati, sono almeno 3.123 le vittime cristiane di violenza sessuale, con la Nigeria scenario principale di questi abusi, ma anche la Siria, il Pakistan, il Myanmar e una sequela di nazioni dell’Africa Subsahariana, regione dove lo stupro viene maggiormente utilizzato come arma di guerra.
Agensir
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