La santità, per quanto sappiamo sia compito e obiettivo di ogni cristiano, dà sempre un po’ il capogiro. E’ davvero possibile diventarlo anche oggi, nella quotidianità delle diverse situazioni in cui ci troviamo a vivere? Come ha vissuto chi, alla fine della corsa, agli onori degli altari, ci è arrivato davvero? Abbiamo documenti, libri, autobiografie che ci narrano di queste vite straordinarie. Ma sentirci raccontare la storia di una santa, o come in questo caso di una beata, da chi ha vissuto da fratello accanto a lei, è un fatto davvero inconsueto. Il prossimo 14 settembre, nella cattedrale di Forlì, si svolgerà la celebrazione di beatificazione di Benedetta Bianchi-Porro, morta a soli 27 anni, nel 1964, dopo una vita visssuta tra il sogno di diventare medico e l’accettazione di una malattia progressiva, che questo sogno, mandava lentamente in frantumi.
Corrado, per anni giornalista economico presso il Giornale del Popolo, è il penultimo dei cinque fratelli di Benedetta: dieci anni minore di lei. Per lui, questa sorella malata, allettata da una malattia che le stava spegnendo uno dopo l’altro tutti e cinque i sensi, in seguito probabilmente ad un intervento sbagliato, era parte della sua normalità. Per lei, sotto sua dettatura – ci racconta- rispondeva alle lettere che le giungevano da persone d’ogni parte d’Italia. Era lei che, dopo una bocciatura lo aveva preso sotto la sua ala protettrice e lo aveva aiutato a rimettersi alla pari negli studi. Con lei parlava, attraverso l’alfabeto muto, imprimendole ogni singola lettera sulla sua unica mano restata sensibile: un sistema che in famiglia avevano sviluppato per potersi intendere quando la parola e la vista avevano ormai abbandonato Benedetta. Una sorella che ogni giorno riceveva la visita di compagni di scuola e amici, per portarle conforto e consolazione e che Corrado vedeva poi uscire dalla stanza di Benedetta, confortati e consolati! Piccoli e grandi segni, vissuti nella normalità del tessuto famigliare, fino al raggiungimento, spiega Corrado dell’ “l’intelligenza necessaria per capirne la grandezza”. Benedetta voleva diventare medico. La malattia tarpò precocemente le ali a questo suo sogno. Quanto studiato paradossalmente le servì solo ad autodiagnosticarsi la sua malattia, a presagirne il doloroso decorso e a prevedere la fine precoce della sua vita. Ora, Benedetta (di cui ha recentemente raccontato la vita il sito catt.ch e su cui domani si potrà ascoltare un servizio a Chiese in Diretta, su RSI Rete Uno, alle ore 8.30) il 14 settembre verrà proclamata beata alle 10.30 nella cattedrale di Forlì, durante una celebrazione presieduta dal cardinale Giovanni Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi.
Corinne Zaugg