“Alla de-escalation è stata preferita l’escalation, aumentare il numero di guerre in corso, anziché cominciare a chiuderne qualcuna. E non sappiamo per quanto ancora si vorrà allargare il perimetro del conflitto prima che non crolli tutto”. Lo dichiara al Sir il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, commentando la guerra tra Israele e Iran scoppiata il 13 giugno scorso. Il timore del Custode è che “una volta appiccato, non si riesca più a controllare questo fuoco. Basta un soffio di vento perché volga le sue fiamme in una direzione o in un’altra senza controllo. E di fronti aperti ce ne sono già più di uno”. I morti, i feriti, le strutture colpite e ridotte in macerie in questi primissimi giorni di guerra, aggiunge il Custode, “stanno facendo sentire anche qui in Israele le conseguenze di una guerra in cui non ci si limita a colpire, ma si comincia anche ad essere colpiti e questo ha un peso enorme”. Padre Patton parla di “clima spettrale: in giro non c’è nessuno, negozi, uffici, scuole chiuse. Soldati e poliziotti sono ovunque, anche agli ingressi della Città Vecchia. Il Muro è chiuso, così come la basilica del Santo Sepolcro, la Spianata delle Moschee. Vietata ogni forma di assembramento e di manifestazione. Viviamo in una situazione che ci lascia anche col fiato sospeso perché noi non sappiamo quanti missili hanno ancora a disposizione gli iraniani da lanciare contro Israele”. In questo contesto, il Custode ribadisce un concetto già espresso il 13 giugno, nell’omelia per la festa di S. Antonio, protettore della Custodia: “Confidiamo nell’efficacia della preghiera. Ancora una volta rinnoviamo il nostro voto a Sant’Antonio, perché ci protegga come già ci ha protetti in passato e perché protegga la gente di questa terra e perché ci doni la grazia, passata anche questa ora di tenebra, di portare avanti la nostra missione”. Il giudizio di padre Patton su quanto sta accadendo è severo soprattutto circa le responsabilità della comunità internazionale e dei vari attori regionali: “tutti dovrebbero farsi un esame di coscienza, a cominciare da chi occupa un seggio alle Nazioni Unite. Tutti dovrebbero rileggersi quella Carta che hanno sottoscritto per entrare a far parte delle Nazioni Unite e tutti dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza e chiedersi il perché di questa ripresa della logica della violenza che sostituisce completamente la logica del dialogo diplomatico e della negoziazione, anche dura. Se non si ritorna alla logica fondatrice delle Nazioni Unite – conclude – il mondo continuerà nella via pericolosa della instabilità. Non parleremo più di Terza guerra mondiale a pezzi, ma di Terza guerra mondiale globale”.