Si terrà nella basilica di San Giovanni in Laterano venerdì 21 giugno, alle 12, la sessione di chiusura dell'inchiesta diocesana sulla vita, le virtù, la fama di santità e dei segni della Serva di Dio Chiara Corbella. Il rito sarà presieduto dal vescovo Baldo Reina, vicegerente della diocesi di Roma. Saranno presenti i membri del Tribunale diocesano che hanno condotto l'inchiesta: monsignor Giuseppe D'Alonzo, delegato episcopale; don Giorgio Ciucci, promotore di giustizia; Marcello Terramani, notaio attuario.
La storia
"Il 13 giugno 2012 moriva a Pian della Carlotta (Cerveteri) la Serva di Dio Chiara Corbella, laica e madre di famiglia, sposa e madre di grande fede in Dio", si legge nell’editto che ha dato il via alla causa, il 21 settembre 2018. La sua storia è nota: nata a Roma, cresciuta in una famiglia credente, Chiara si sposa il 21 settembre 2008 con il fidanzato Enrico, anche lui romano di qualche anno più grande, conosciuto a Medjugorje. La giovane rimane incinta ma le ecografie mostrano una grave malformazione. Alla bambina, a cui danno il nome di Maria Grazia Letizia, viene diagnosticata un’anencefalia. Chiara ed Enrico scelgono di portare avanti comunque la gravidanza e la piccola, che nasce il 10 giugno 2009, muore dopo circa mezz’ora. Poco tempo dopo la situazione si ripete: Chiara aspetta il suo secondo bambino ma anche lui, che chiamano Davide Giovanni, ha una malformazione grave. Anche in questo caso porta avanti la gravidanza, il bambino nasce e muore poco dopo la nascita.
Nella terza gravidanza il bambino è sano, ma è Chiara ad ammalarsi: le viene diagnosticato un tumore alla lingua. Lei sceglie di ritardare le cure, per non provocare danni al piccino che porta in grembo. Il piccolo Francesco nasce e Chiara si sottopone a un intervento, alla chemioterapia e alla radioterapia, ma il tumore è progredito troppo. Muore a soli 28 anni. Il 16 giugno viene celebrato il suo funerale, nella parrocchia di Santa Francesca Romana all’Ardeatino. Il corpo viene sepolto nel cimitero del Verano a Roma, nella stessa tomba dove riposano i suoi altri due bambini.
Faro di luce
"La sua oblazione – si legge ancora nell’editto – rimane come faro di luce della speranza, testimonianza della fede in Dio, autore della vita, esempio dell’amore più grande della paura e della morte". Quell’amore che le consentiva di dire agli amici di considerare "un privilegio sapere in anticipo di morire, perché potevo dire 'ti voglio bene' a tutti", e alla madre: "Se il Signore ha scelto questo per me, vuol dire che è meglio così per me e per quanti mi sono intorno. Perciò io sono contenta".
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