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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (2 settembre 2025)
CATT
  • Clausura e reclusione: la vita in cella e il senso della speranza

    L’abate generale dei Cistercensi in dialogo con i detenuti. Un incontro che non ti aspetti, ospitato nel salone di un carcere, al quale ne sono seguiti altri che hanno generato rapporti fecondi e scoperte inattese. Cosa hanno in comune questi due mondi? La cella che – per scelta o per necessità – è la loro dimora. Ma c’è molto di più, come racconta padre Mauro Giuseppe Lepori, ticinese, dal 2010 alla guida di uno degli Ordini religiosi più antichi nella storia della Chiesa.

    Quando ha cominciato a incontrare le persone detenute in carcere?
    Un amico che cura la formazione accademica per alcuni detenuti in due penitenziari dell’Abruzzo aveva dato un mio testo di esercizi spirituali a un suo studente. Con lui è nata una corrispondenza nella quale mi impressionava come la fede che aveva riscoperto in carcere lo aiutasse a vivere con un’accettazione della sua condizione che mi ha molto provocato, perché spesso non trovo in me o in tanti monaci e monache questo modo di affrontare la vita in cui Cristo è più determinante che i nostri sentimenti. Quando c’è stata la possibilità di visitarlo nel carcere di Sulmona, l’incontro con lui si è incredibilmente dilatato in un dialogo con 150 detenuti. In quell’occasione sono nate amicizie e corrispondenze epistolari, oltre che il desiderio dei carcerati e mio di incontrarci nuovamente per approfondire temi come l’amore incondizionato di Dio e il perdono, temi in cui la fede in Cristo illumina la condizione umana in ogni suo frangente. Sono seguiti incontri in altre carceri, tutti molto provocanti per la mia vita e vocazione.

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