Skip to content
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Commenti al Vangelo di domenica 12 maggio

    Commenti al Vangelo di domenica 12 maggio

    Calendario Romano Mc 16,15-20

    Io vedo il Re, il mio Signore

    di Dante Balbo*

    Questo è l’inizio di un canto, espressione di adorazione, stupore e accoglienza della regalità di Gesù, signore della storia, del cosmo, della chiesa e della vita di ogni credente.
    In esso il cantore si unisce al coro degli angeli, alla manifestazione della gloria di Dio che invade il tempio del nostro essere, per unirci alla chiesa celeste e a tutta la lode che sale da ogni angolo della terra. L’Ascensione del Signore ci ha sottratto il corpo del Risorto, ma ha aperto un varco che nessuno potrà richiudere, ha costruito una scala sulla quale salgono le nostre lodi, suppliche, grazie e richieste, scendono le benedizioni, la misericordia infinita, le preghiere dei santi, la costante attenzione del figlio che sta alla destra del padre e intercede per noi, crocifisso e vivo. Questa è la condizione della Chiesa nascente e di tutti i tempi, che attende e invoca sempre lo spirito santo, che abita in essa, la guida, l’accompagna, rinnova e guarisce, consola e spinge a non tenere per sé la meravigliosa esperienza che la pervade, perché tutti possano conoscere il dio d’amore che l’ha generata, il Figlio Salvatore che l’ha costituita, lo Spirito che la vivifica ogni istante.
    In Svizzera possiamo ancora vivere questa attesa trepidante, perché abbiamo conservato la settima domenica di Pasqua, sostituita in Italia dall’Ascensione. In essa siamo nel cenacolo con gli Apostoli e i discepoli uniti attorno a Maria, garante della fede nel Figlio Risorto, madre della comunità che Gesù stesso le ha affidato, in una maternità speciale alla quale non ha mai rinunciato, scendendo ogni tanto a consolare ed esortare i suoi figli, perché non dimentichino la presenza del Signore in mezzo a loro.
    Possiamo credere che la Pentecoste che si manifesterà domenica prossima è perenne e per noi oggi, alzando lo sguardo e contemplando il Re, che, come si conclude il canto, sempre, sempre, per sempre, regnerà! Dai cieli aperti verrà lo Spirito, a rendere presente il signore fino alla fine dei tempi.

    *Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino

    Calendario Ambrosiano Gv 17, 11-19

    Discepoli nel mondo, senza appartenervi

    di don Giuseppe Grampa

    Breve l’Evangelo di oggi, appena nove versetti, nove righe. E una parola ritorna ben dieci volte: «mondo». Una parola preziosa nel vocabolario dell’Evangelista Giovanni. Una parola che non ha un solo significato ma almeno tre.
    Quando Gesù dice: «Io non sono più nel mondo mentre essi, i discepoli, sono nel mondo», il termine «mondo» indica l’intera realtà, il mondo come nostra abitazione, quella che Papa Francesco chiama «la nostra Madre Terra».
    Troviamo il secondo significato del termine laddove Gesù dice: «Ho dato loro la tua Parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo» . E poco più avanti ripete questa medesima dura parola: «Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo». Qui «mondo» indica quanto si chiude alla Parola che i discepoli portano e per questo sono odiati dal mondo. La relazione con il mondo può essere drammaticamente ostile, di rifiuto e di odio per la Parola, per l’Evangelo che i discepoli portano. Mandando i suoi Gesù li aveva avvertiti: «Vi mando come pecore in mezzo ai lupi». E quante volte nella storia, non solo dei primi secoli, ma anche oserei dire soprattutto ai giorni nostri, l’odio del mondo colpisce i discepoli proprio perché discepoli di Gesù! I martiri, testimoni della fede fino al dono della vita, non appartengono solo ad un lontano passato: sono uomini e donne del nostro tempo che non hanno piegato la schiena davanti a nessun potere umano. Può non essere «confortevole» essere nel mondo perché i discepoli di Gesù non sono «del» mondo, non ne condividono sempre lo spirito; possono e talvolta devono essere alternativi, portatori di uno stile di vita che può metterli all’opposizione. Ecco il terzo significato. Il mondo è oggetto dell’amore di Dio, fino a dare il suo Figlio. Ecco perché accanto alla lucida consapevolezza dell’opposizione talvolta possibile nei confronti del mondo, dobbiamo essere capaci di amarlo.

    News correlate