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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
  • Commento al vangelo domenicale

    Questa è la seconda puntata dei commenti ai vangeli domenicali del tempo pasquale (rito cattolico romano) proposti da Roberto Geroldi, licenziato in teologia sistematica e parroco della Con-cattedrale di San Tommaso (Ortona/Chieti). Buona lettura!

    A cura del coordinamento della Formazione biblica nella Diocesi di Lugano

    Le parole… La PAROLA

    1 MAGGIO 2022 - III DOMENICA DI PASQUA

    Atti 5,27b...41; Salmo 29; Apocalisse 5,11-14; Giovanni 21,1-19

    Incapaci ma risorti

    Giovanni 21,1-19[1]

    1Dopo questi fatti, si manifestò di nuovo, Gesù, ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così. 2Erano insieme, Simon Pietro e Tommaso, detto Dìdimo, e Natanaèle, quello di Cana di Galilea, e i figli di Zebedèo e altri due tra i discepoli. 3Dice loro Simon Pietro: «(Io) parto per pescare». Gli dicono: «Veniamo anche noi con te». Uscirono e salirono sulla barca; e in quella notte non presero nulla. 4Fattasi mattina, stette Gesù sulla riva. Tuttavia, non sapevano, i discepoli che era Gesù.

    5Dice loro Gesù: «Piccoli (miei)[2], non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Egli disse loro: «Gettate, verso la parte destra della barca, la rete e troverete». (La) gettarono dunque e non avevano più la forza di tirarla su per la gran quantità di pesci. 7Dice dunque, quel discepolo che Gesù amava, a Pietro: «Il Signore è!». Simon Pietro dunque, sentendo «Il Signore è!», si cinse (attorno ai fianchi) la sopravveste - infatti era nudo - e si gettò in mare.

    8Gli altri discepoli invece vennero con la barca - non erano infatti lontano da terra, ma circa a duecento cubiti[3] - trascinando la rete dei pesci. 9Come dunque scesero a terra, vedono a terra un fuoco di brace e, sopra, del pesce e del pane. 10Dice loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso (or) ora». 11Salì dunque, Simon Pietro, (nella barca) e tirò la rete verso la terra: (era) piena di grossi pesci, centocinquantatrè. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. 12Dice loro Gesù: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava chiedergli: «Tu, chi sei?», poiché (lo) sapevano «Il Signore è!»[4]. 13Viene, Gesù, e prende il pane e lo dà a loro, e ugualmente il pesce. 14Questa (fu) già la terza volta[5] che fu manifestato[6], Gesù, ai discepoli, dopo essere stato risuscitato dai morti. 15Quando dunque ebbero mangiato, Gesù dice a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli dice: «Certo, Signore, tu sai che sono tuo amico»[7]. Gli dice: «Pasci i miei agnelli».

    16Gli dice di nuovo una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?». Gli dice: «Certo, Signore, tu sai che sono tuo amico». Gli dice: «Pasci le mie pecorelle».

    17 Gli dice per la terza volta: «Simone di Giovanni, sei mio amico?». Fu addolorato, Pietro, perché gli aveva detto la terza volta: «Sei mio amico?», e gli dice: «Signore, tutto tu sai; tu sai che sono tuo amico». Gli dice (Gesù): «Pasci le mie pecorelle. 18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, ti cingevi e camminavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà e ti porterà dove (tu) non vuoi». 19Questo gli disse significandogli con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, dice: «Seguimi!».

             Diventiamo consapevoli di noi stessi nel momento in cui ci rendiamo conto che i nostri progetti non sempre hanno avuto il successo sperato o voluto. E anche quando abbiamo raggiunto i nostri obiettivi qualcosa, subdolamente, li mette in discussione con ripensamenti ed esitazioni, come se non credessimo abbastanza in quello che abbiamo ottenuto: troppo bello per essere vero!

             Lo pensiamo spesso e così quasi una nebbia ci ottura lo sguardo a tal punto da non riconoscerci... capaci e di vedere gli altri come alleati. Vogliamo il loro consenso ma non il loro aiuto. Sono momenti di disgregazione interiore e relazionale; ci prende la tentazione di “serrare le fila”, ma attorno a cosa? A quello che abbiamo sempre fatto o al modo che ci è più abituale? Ci manca il coraggio di andare oltre, di rimetterci in discussione e in ricerca.

             L’aggiunta del capitolo 21 al racconto evangelico di Giovanni “riapre” uno scorcio inizialmente sgradevole ma che si rivela via via ricco di soprese e di conferme, di aperture verso nuovi orizzonti. «La fede non è mai un dato, ma sempre un evento, un divenire che può conoscere progressi, ma anche regressioni» (Comunità di Bose).

    Così è per i discepoli che avevano visto con gioia il Risorto il primo giorno dopo lo Shabbat e otto giorni dopo (capitolo 20), ma che adesso sembrano aver dimenticato tutto, facendo i conti con la loro incapacità perfino di pescare, la loro professione di partenza (Giovanni 21,2-3; Marco 1,16-20).

             Come introduce il redattore è una nuova manifestazione del Risorto ai suoi (cfr. v. 1) ma anche noi ci accorgiamo che adesso a risorgere sono loro mentre passano dalla notte all’alba (cfr. vv. 3-4); dall’ignoranza alla conoscenza del Signore (cfr. vv. 4.12); dall’improduttività all’abbondanza della pesca (cfr. vv. 3.6.8); dalla mancanza di cibo al pasto abbondante (cfr. vv. 5.9-12).

             Non è più sufficiente “vedere” il Risorto, occorre risorgere con Lui!

             È questa la novità dell’episodio aggiunto ed in questo un nuovo rapporto d’amore con il Maestro e quindi un nuovo modo di seguirlo (cfr. vv. 15-19) sia per Simon Pietro che per Giovanni e anche la relazione tra di loro (cfr. vv. 20-23), fondamento di una reciprocità tra le diverse comunità cristiane, fedeli al loro “profilo” eppure nella stessa comunione d’amore perché nutrite dall’unico pane donato dal Risorto, nell’unica Chiesa di Cristo.

             «La fatica umana, sempre dura, spesso vana, diviene più leggera e fruttuosa; i mezzi umani, fragili e deboli, divengono infrangibili e forti: la povertà della chiesa è colmata dalla vivificante presenza del suo Signore. Non solo: essa rende più uniti gli uni agli altri, nell’unico legame a Lui... nelle diverse risposte al suo appello» (E. GHINI).

    Contestualizzazione liturgica

             Le nostre celebrazioni eucaristiche sono sempre incentrate attorno al Risorto che con la sua parola ci fa sperimentare i segni efficaci della sua presenza e per noi spezza il suo pane (Vangelo); così, fin dai primi giorni della comunità cristiana, è Lui che viene annunciato con audacia e franchezza, ma anche con gioia e fiducia, dagli apostoli perfino nelle sinagoghe pur tra rischi mortali (Atti – I lettura) e sarà sempre Lui ad essere celebrato in una liturgia dalle dimensioni “cosmiche” (Apocalisse – II lettura).

             È l’umanità di Gesù, risorta a nuova esistenza dopo aver attraversato la morte, che continua ad esprimersi ancora “più umanamente” che comunica ai credenti, a Simon Pietro per primo, proprio attraverso la sua passione condivisa, un coraggio nuovo di essere umani, di agire nella quotidianità, di vivere nell’amore fino alle estreme conseguenze: l’agnello immolato per l’umanità che rende feconda proprio con il suo sangue.

             Anche le nostre comunità fin dall’inizio della loro celebrazione eucaristica possono innalzare la loro lode come un “canto di risurrezione” perché solo persone che hanno sperimentato la forza della Pasqua come passaggio dalla delusione alla fiducia, dal buio alla luce, dallo smarrimento al riconoscimento, possono gioire così, tutti insieme da tutto il pianeta.

             L’elemento che ci deve sempre caratterizzare è lo stare insieme sempre e comunque (cfr. v. 2a) nella sicurezza che se non siamo riusciti noi a procurarci il sostentamento necessario (cfr, 4,8.31-33) lo farà sempre Lui per noi (cfr. vv. 9 ss).          «Il vangelo di Giovanni non termina con una conclusione, ma con un invito che è il germe di un nuovo inizio. Quel che è stato scritto e offerto dall’evangelista è frutto dell’esperienza della sua comunità. Ora accogliendo questo vangelo, la buona notizia di Gesù, ogni comunità cristiana è chiamata a scrivere la sua, e farsi buona notizia per tutti» (Alberto Maggi).

    [1] Traduzione del testo: absi, GIOVANNI, Edizioni Terra Santa, Milano 2021, pp. 264-272.

    [2] Come appare in 1 Gv 2,14.18 e 3,7, questa formulazione interpella - con tenerezza -  i discepoli come membri di una comunità.

    [3] Duecento cubiti sono poco meno di cento metri.

    [4] In 21,7.7.9 torna tre volte l’affermazione “Il Signore è”. Essa si collega alle confessioni di Maria la Maddalena e di Tommaso espresse in 20,15.18.28. Inoltre essa prepara le dichiarazioni che Pietro farà a Gesù in 21,15.16.17.21.

    [5] Con questa affermazione il redattore del cap. 21, con un’attitudine davvero maschilista, ignora la manifestazione di Gesù a Maria la Maddalena.

    [6] Fu manifestato. Il passivo sottintende, ovviamente, il complemento d’agente: fu manifestato da Dio.

    [7] Ne1 vv. 15-17 il testo greco utilizza due verbi diversi: amare e essere amico. A Gesù che chiede a Pietro se lo ama, Pietro risponde qualificando la sua relazione (solo) come amicizia, un’amicizia sul piano umano. E quando Gesù, nel v. 17, mette in questione non solo l’amore ma anche l’amicizia di Pietro nei suoi confronti, Pietro si rattrista (cfr. C. Spicq, Agapè dans le Nouveau Testament. Analyse des textes, vol. III, Gabalda, Paris 1959, p. 230ss).

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