“Ci uniamo alla voce di ogni persona onesta e patriottica in questo Paese, sottolineando il nostro rifiuto di ogni forma di violenza, vendetta e rappresaglia basate su motivi settari e religiosi. Ci appelliamo alle autorità del Paese affinché pongano rapidamente fine a questi attacchi, che sono incoerenti con tutti i valori umani, morali e religiosi”. Lo ha detto mons. Hanna Jallouf, vicario apostolico latino di Aleppo, in un messaggio diffuso ieri e rilanciato oggi dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), in cui commenta gli attacchi avvenuti nel fine settimana scorso nelle città siriane di Tartus, Banias, Jabla, Latakia e i villaggi circostanti nei quali sono rimasti uccisi molti alawiti e anche dei cristiani. Attacchi avvenuti in risposta a un’imboscata di alcuni militanti alawiti, fedeli al vecchio regime, nel corso della quale sono rimasti uccisi anche circa 20 membri delle nuove forze di sicurezza.
Acs rilancia anche le dichiarazioni del patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Giovanni X che rimarca “la non affiliazione ad alcuna fazione militare delle vittime civili” e ricorda “i saccheggi che hanno accompagnato le morti a Banias, nel quartiere di Al-Qusour, dove gli abitanti sono stati costretti a lasciare le loro case solo per essere giustiziati, dopodiché i loro averi sono stati rubati”. Dal Patriarca anche la denuncia della profanazione dei simboli religiosi, “l’icona della Vergine Maria è stata distrutta, calpestata e profanata”. Regina Lynch, presidente esecutivo di Acs internazionale, ha affermato: “Possa Nostra Signora di Siria proteggere il popolo di questo Paese, che ha sopportato troppe ferite negli ultimi dieci anni”.
Agensir
Il Giubileo con il suo originale rimando biblico invita a riflettere sul tema della giustizia sociale. Con l’economista Stefano Zamagni affrontiamo le sfide globali e il pensiero della Chiesa a riguardo.
I due sacerdoti erano stati rapiti in Nigeria lo scorso 22 febbraio alle prime ore dell’alba da uomini armati che avevano assalito la canonica dove i due sacerdoti erano ospitati a Gweda-Mallam, nello Stato di Adamawa, nel Nord-Est della Nigeria.
Mentre il Paese attraversa ore difficili, giungono i primi allarmanti numeri sulle vittime dei conflitti armati in corso.