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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Domenica 22 settembre. Commenti al Vangelo
    COMMENTO

    Domenica 22 settembre. Commenti al Vangelo

    Calendario romano: Marco 9,30-37

    Cosa farò da grande? Tornerò bambino

    di Dante Balbo*

    L'età è maestra e ci insegna quanto è fragile la sapienza accumulata, la competenza, soprattutto in ambito relazionale. Il 50% dei matrimoni finisce in un divorzio, pochi soldi riescono a spaccare una famiglia per l'eredità, padri e madri che hanno lavorato tutta la vita per dare ai figli un futuro migliore, ottengono in cambio noncuranza e ingratitudine. Il potere corrompe uomini e donne pieni di ideali, la fiducia nelle istituzioni si va sgretolando, mettendo a rischio le democrazie più solide. La soluzione presentata nel vangelo della XXV domenica del tempo Ordinario è paradossale, perché Gesù propone di muoversi nell'ottica del servizio. In altre parole, dopo che ha rivelato ai suoi apostoli di essere il Messia, questi si mettono a discutere su questioni di potere, di posti di governo, organizzando la nuova classe dirigente, una volta che gli oppressori romani saranno stati sbaragliati. Il maestro ha appena parlato di sé, spiegando che la sua missione consiste nell'essere consegnato proprio a coloro che secondo i suoi discepoli avrebbe dovuto sconfiggere. Annuncia anche la propria risurrezione, ancora più incomprensibile della condanna e della sua morte. Di fronte all'ottusità dei suoi, invece di dare spiegazioni, il Signore mette in mezzo a loro un bambino e lo propone come modello per diventare veramente grandi. Gli equivoci si sprecano, indicando la purezza dei bambini, la loro incapacità di male, l'ingenuità come dote, perché priva delle sovrastrutture della conoscenza adulta. In realtà Gesù sa bene che bambino non significa buono, né immagina una Chiesa di ignoranti per scelta, ma del fanciullo mette in risalto la fiducia incondizionata nel genitore, tanto da accettare persino la violenza pur di non perdere il suo amore. Crescere significa imparare a fidarsi, accogliere il servizio come dono offerto per quanto ricevuto, scoprire che grandezza e potere non sono la stessa cosa. Da grande voglio tornare bambino, il più infallibile giudice di ogni relazione.

    *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su Youtube

    Calendario ambrosiano: Giovanni 6, 41-51

    Il pane per il cammino dell'esistenza

    di don Giuseppe Grampa

    I tre testi di questa domenica svolgono un unico tema: il pane del cielo. Incominciamo dal primo testo. La
    storia di Elia, sull’orlo della disperazione fino a chiedere la morte, può essere la storia di tanti, prostrati dalle fatiche della vita, delusi, disperati. Eppure c’è un pane, una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua e il cammino può continuare…. Anche il popolo di Israele durante il lungo cammino nel deserto ha avuto bisogno di un cibo, la manna, misteriosamente provveduto da Dio. Non c’è cammino se manca il pane che sostiene. Come a Elia, come a Israele nel deserto, così anche a noi è donato un pane per il cammino dell’esistenza. Prima di stupirci per questo pane misterioso che è il corpo del Signore, vorrei che sostassimo su questo dono del pane per il cammino della vita. C’è un tratto di singolare tenerezza in questa volontà di Dio nostro padre di provvederci non solo del pane quotidiano che ci sostenta, ma anche di questo pane che discende dal cielo e di cui abbiamo bisogno per non venir meno lungo la strada della vita. Questo pane,
    infatti, non è cosa, oggetto: questo pane è la presenza stessa del Signore Gesù: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo». Che questo pane non sia pane ma sia la viva presenza di qualcuno è parola stupenda ma sconvolgente. Come i contemporanei di Gesù che mormoravano: questo Gesù, figlio di Giuseppe, il falegname di Nazareth noi lo conosciamo bene, come può pretendere d’esser disceso dal cielo? Ancora una volta sembra impossibile che in un uomo, un uomo qualunque di una povera famiglia qualunque, Dio stesso si manifesti, si riveli, si comunichi a noi irrevocabilmente. Peggio: che quest’uomo doni se stesso come pane, nutrimento per la fatica del vivere. Questo è il cuore della nostra fede: che in un uomo qualsiasi, un tale chiamato Gesù figlio del falegname, Dio si faccia compagno della nostra condizione; che in un pezzo di pane, semplice e povero nutrimento, Dio si faccia compagno della nostra condizione.

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