Calendario Romano Gv 18,33b-37 / Cristo Re dell’Universo
di Dante Balbo*
Ci sono uomini e donne che, quando li incontriamo, riconosciamo in loro una dignità regale anche se sono vestiti umilmente e non hanno «fatto le scuole alte». Questo può succedere in circostanze particolari, in cui le persone dinanzi a noi sono gravemente malate, consapevoli della loro fine imminente, eppure conservano uno sguardo così intenso da incatenarci il core e il ricordo. Un esempio per noi è stato il vescovo Eugenio Corecco, che ho incontrato con alcuni amici quando era già gravemente malato. Il suo motto in quel momento era «la tua grazia Signore vale più della vita». Lo poteva dire, dopo un doloroso cammino, perché aveva lo sguardo fisso sul Re che ha manifestato la sua regalità non a Cafarnao, guarendo e liberando fino allo sfinimento, non nel deserto, moltiplicando pani e pesci per cinquemila persone, ma davanti a Pilato, che poco dopo lo avrebbe consegnato, perché fosse crocifisso. L’evangelista Giovanni descrive un episodio grottesco in cui Gesù è l’oggetto di un divertimento da caserma, ma il Maestro viene vestito di porpora e porta sulla testa una corona anche se di spine.
Viene crocifisso ma sulla sua testa è posta una scritta in tre lingue, ebraico, latino e greco, quelle parlate nel mondo antico: «Gesù nazzareno Re dei Giudei». Gesù in questa domenica è adorato come Re dell’Universo, ma la sua regalità passa attraverso l’umanità sofferente, oltraggiata, derisa e cacciata, uccisa innocente, lasciata ai margini. Questo Re non chiede, non pretende, non sfrutta la sua carica, non si impone, prende su di sé la responsabilità del mondo e di tutti coloro che gli sono stati affidati.
Le sue braccia sono spalancate, il suo corpo è teso allo spasimo, non può muoversi, eppure è proprio in questa resa che si manifesta la sua vittoria. Dio ha scelto l’imperfezione umana per sconfiggere il principe angelico del male e riscattarci, facendoci entrare attraverso le sue ferite, del regno glorioso del Re, la cui carne sta nel cuore di Dio. *Dalla rubrica Il Respiro spirituale di Caritas Ticino
Calendario Ambrosiano Mc 1,1-8 / II Domenica di Avvento
di don Giuseppe Grampa
Semplici e insieme solenni le parole con le quali l’evangelista Marco apre il suo evangelo: «Inizio dell’Evangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio». Noterete l’uso da parte mia del termine «evangelo», al posto del più comune «vangelo». Una stranezza, un capriccio linguistico? No, il termine «evangelo» ci restituisce meglio l’originale greco: «eu-angelion», appunto «buon annuncio», «bella notizia». Non dobbiamo essere profeti di sventura, minacciare castighi e annunciare catastrofi. Questo non sarebbe appunto «evangelo», «bella notizia». Nemmeno dobbiamo enunciare solo precetti, stabilire doveri, porre argini, come si dice, al permissivismo dilagante. Questo non sarebbe evangelo, buona notizia.
Ma allora che cos’è l’evangelo? Marco lo dice con chiarezza: è la persona stessa di Gesù Cristo, figlio di Dio. Due millenni di cristianesimo ci hanno abituati a questa formula, al punto che essa non suscita alcuna emozione, nessun brivido di stupore. E invece la buona, la bella notizia è che nell’uomo Gesù che per la gente del suo villaggio non era altri che il figlio del falegname, in Lui Dio, l’Eterno che i Cieli non possono contenere, si è a noi comunicato.
Subito dopo questo annuncio ci viene incontro la figura aspra di Giovanni il Battista. Giovanni è l’uomo del deserto, l’uomo dell’essenziale. Possiamo dire che Giovanni è un moralista rigoroso che conosce il male e le sue radici nel cuore dell’uomo e sa che per combatterlo occorrono uomini intransigenti con se stessi e con il proprio io arrogante, egoista, sempre pronto al compromesso. Ci accompagnerà Giovanni con il suo rigore, nelle prossime domeniche: oggi vorrei che questa sola parola ci colmasse di lieto stupore anche se i nostri giorni sono giorni foschi. Anche se la paura dilaga non stanchiamoci di affidare questi nostri giorni incerti alla buona, bella notizia che è il nostro Dio, Evangelo.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)