di Cristina Uguccioni (catt.ch/catholica/cdt)
Mentre si avvicina la Pasqua, che quest’anno le Chiese d’Oriente e d’Occidente celebreranno nello stesso giorno, il cardinale svizzero Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani – in questa conversazione con catt.ch e Catholica – riflette sul valore del Concilio di Nicea, di cui quest’anno ricorre il 1700° anniversario. Convocato nel 325 dall’imperatore Costantino, questo Concilio costituisce uno snodo fondamentale nella storia del cristianesimo e nella storia del mondo.
Che cosa rappresenta nella storia del movimento ecumenico il Concilio di Nicea, cui furono invitati per la prima volta i vescovi di Occidente ed Oriente?
«Rappresenta un momento decisivo: nel 325 la Chiesa era ancora indivisa, le grandi separazioni sarebbero avvenute solo nei secoli successivi. Per questa ragione oggi tutte le comunità cristiane del mondo possono celebrare questo anniversario e professare insieme la fede cristologica che a Nicea prese forma. Ricordo che i 318 Padri conciliari elaborarono insieme un “Credo”, che per la prima volta aveva valore universale. Esso fu poi portato a compimento nel Concilio di Costantinopoli del 381: è il “Simbolo Niceno-costantinopolitano” che recitiamo ancora oggi durante la messa domenicale».
I Padri conciliari, nel «Credo», concordarono nell’affermare che Gesù è «della stessa sostanza (in greco “homooúsios”) del Padre».
«Questa affermazione chiuse definitivamente, sul piano dottrinale, uno scontro nato nella sede di Alessandria d’Egitto tra il vescovo Alessandro e il prete Ario. Quest’ultimo propugnava un rigido monoteismo secondo il quale Cristo non può essere “Figlio di Dio” in senso proprio, ma solo un essere intermedio che Dio usa nel relazionarsi all’essere umano. Il Concilio di Nicea condannò aspramente questa posizione affermando in forma definitiva che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio ed è “consustanziale al Padre”. Questa confessione di fede – lo ribadisco – ha grande importanza ecumenica perché è condivisa dalla Chiesa cattolica, dalle Chiese orientali, da quelle ortodosse ed anche dalle comunità ecclesiali nate dalla Riforma».
Pensa che nella cristianità odierna sia ravvisabile un risveglio dell’arianesimo?
«Sì, dobbiamo constatare un’arianizzazione della fede in Cristo e, con essa, un inquietante svuotamento di significato della fede cristiana in Gesù Cristo. Oggi molti fedeli hanno difficoltà a confessare che Gesù è Dio: lo riducono alla sua dimensione umana, dalla quale sono affascinati e toccati.
Secondo un’indagine condotta lo scorso anno in Germania, solo il 32% dei cattolici crede che Dio si sia rivelato in Gesù Cristo. Lo spirito ariano è una delle grandi sfide anche del nostro tempo: l’anniversario del Concilio è un’occasione straordinaria per riaffermare la confessione cristologica».
Il Concilio di Nicea si occupò anche di varie questioni tra le quali la più importante, sul piano pastorale, fu quella della data di Pasqua: già a quel tempo esistevano datazioni diverse e il tema era dibattuto. Ritiene che i tempi siano maturi per giungere a stabilire una comune data della Pasqua?
«Il 1700° anniversario del Concilio di Nicea offre un’occasione speciale per riprendere questa tematica, tanto più che quest’anno le Chiese d’Oriente e d’Occidente potranno celebrare insieme la Pasqua nello stesso giorno, il 20 aprile. Bisogna lavorare per trovare una data comune: la volontà – da parte nostra – c’è, ma è necessario usare grande cautela perché si tratta di un tema sensibile: la soluzione non deve provocare nuove divisioni».
Le Chiese d’Oriente manifestano il desiderio di arrivare a concordare una data comune?
«Alcune sì: mi riferisco al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, guidato da Bartolomeo I, e alla Chiesa ortodossa copta d’Egitto, guidata da Tawadros II, Papa d’Alessandria. In altre Chiese d’Oriente, però, non c’è questa volontà: il Patriarcato ortodosso di Mosca, ad esempio, ha già fatto sapere che non intende cambiare data».
Quali iniziative ecumeniche saranno promosse per celebrare i 1700 anni del Concilio?
«I programmi non sono ancora stati definiti nella loro completezza, dunque non posso indicarli per il momento. Certamente si festeggerà ecumenicamente, con iniziative organizzate con le altre Chiese: il nostro Dicastero, infatti, già due anni fa decise di non promuovere iniziative senza le altre Chiese, ma di idearle insieme a loro. Prima del suo ricovero in ospedale, papa Francesco aveva anche espresso il desiderio di recarsi a Nicea per la commemorazione».
Nelle parrocchie come potrebbe essere felicemente onorato questo anniversario?
«Penso sarebbe utile che i sacerdoti dedicassero omelie al “Credo” e che organizzassero incontri e momenti di approfondimento dedicati alla fede trinitaria. Questo sarebbe un modo non formale per festeggiare questo importante anniversario. Così lo si potrà onorare: rendendolo capace di confermare e rafforzare la fede di quanti oggi si professano cristiani».
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