Un racconto estivo firmato dalla signora Maria La Placa Osterwalder che narra di un tempo e di un luogo ormai passati e del ricordo di emozioni e sensazioni che continuano a vivere nel cuori di chi li ha vissuti.
Asilo dei Ciechi (fondazione Juan Bernasconi)
Percorrendo via Ricordone, si passava davanti all’asilo dei Ciechi, una volta si chiamava così. Il fondatore, Juan Bernasconi, era forse un ticinese emigrato nell’America del Sud. Dalla cucina della casa dove abitavamo in via Longhena, vedevamo la via Ricordone, che i bimbi ed io percorrevamo spesso, poiché macchine ne passavano poche e si poteva giocare a rimpiattino. C’erano grossi pini che, quando nevicava, lasciavano cadere la neve dai rami sui nostri ombrelli e ombrellini. Si poteva giocare a palle di neve e ridendo lasciarsi cadere su quella coltre soffice e candida. Il silenzio era magico e ovattato.
A primavera, il signor Angelo, il contadino che ora non c’è più, ci chiamava dalla rete di cinta del pollaio e dall’orto dell’istituto dei ciechi. Ci faceva dono qualche volta di qualche pugno di ciliegie appena colte, oppure ci vendeva le uova fresche. Una volta ci fece entrare e mostrò ai miei bambini una marea di pulcini appena nati. Un mondo agreste a pochi passi dalla città.
In via Ricordone, l’Asilo dei Ciechi ora si chiama Casa Andreina. È cambiata molto, vi sono passaggi per non vedenti, corrimani esterni giallo sole, di metallo. La struttura è moderna, ora è una casa confortevole. Ma non c’è più quell’aria bucolica di una volta, non più i ciliegi, niente più polli, nemmeno le pecore che a volte comparivano su quel vasto prato. E neanche l’erba bianchetta, con quel sapore pungente e così particolare, che cresceva alta vicino alla soglia dell’Istituto, e che da molto ormai non trovo più.
Maria La Placa Osterwalder, Bellinzona