In un clima di profonda emozione e rispetto, sotto il tiepido sole di un mattino d’autunno, anche a Buenos Aires una folla di cittadini ha dato oggi l’addio a Papa Francesco con una Messa e un “abbraccio simbolico” intorno alla storica Plaza de Mayo. La Messa esequiale per l’eterno riposo di Francesco è iniziata alle ore 10 (le 15 a Roma) su un altare allestito all’esterno della Cattedrale Metropolitana, poche ore dopo il funerale celebrato in Vaticano alla presenza di importanti leader mondiali.
La celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo di Buenos Aires, monsignor Jorge Ignacio García Cuerva, e concelebrata dai quattro vescovi ausiliari - monsignor Iván Dornelles, monsignor Alejandro Pardo, monsignor Alejandro Giorgi e monsignor Pedro Cannavó - oltre che da numerosi vescovi provenienti dalle diocesi argentine e da decine di sacerdoti dell’arcidiocesi di Buenos Aires. Era presente anche il nunzio apostolico in Argentina, monsignor Miroslaw Adamczyk.
“È morto il padre di tutti"
Dopo la lettura del Vangelo secondo Marco, che racconta l’apparizione di Gesù risorto a Maria Maddalena e ai discepoli, monsignor García Cuerva - il quale, fedele allo spirito di Francesco, ha scelto di non recarsi in Vaticano per il funerale, preferendo rimanere a Buenos Aires per accompagnare i fedeli - ha detto: "Il Vangelo di oggi ci racconta che coloro che avevano seguito Gesù erano afflitti e piangevano. Come noi oggi: piangiamo perché non vogliamo che la morte abbia l’ultima parola; piangiamo perché è morto il padre di tutti; piangiamo perché sentiamo già nel cuore la sua assenza fisica; piangiamo perché ci sentiamo orfani; piangiamo perché non riusciamo ancora a comprendere appieno la portata del suo magistero mondiale; piangiamo perché già ci manca immensamente".
L'attenzione per i fragili
"Non vogliamo che ci accada quanto cantava Carlos Gardel in uno dei suoi tanghi: Le lacrime trattenute si rifiutano di sgorgare, e non ho il conforto di poter piangere”, ha aggiunto, citando l’icona del tango argentino. In un altro passaggio dell’omelia, l’arcivescovo ha sottolineato che Francesco, "come ogni buon padre, è stato padre di tutti, ma ha avuto una particolare attenzione per i più fragili, mostrando una predilezione per gli ultimi, i marginalizzati, i malati, gli scartati di questa società; un cuore di pastore, a immagine del cuore di Gesù, sempre pronto all’ascolto e al perdono, invitandoci a nostro volta a impegnarci per chi soffre".
Successivamente, García Cuerva ha invitato i fedeli a "volgere lo sguardo al frontone della Cattedrale, dove Jorge Mario Bergoglio fu arcivescovo dal 1998", dove è rappresentato l’incontro biblico tra il patriarca Giacobbe e suo figlio Giuseppe. "Buenos Aires si riconciliava con la Confederazione Argentina in un patto fraterno, suggellato a San José de Flores nel 1859. Questa scena venne scelta per perpetuare attraverso l’arte la riconciliazione nazionale raggiunta", ha spiegato l’arcivescovo. "Oggi vorrei che tornassimo a fissare quello sguardo e immaginassimo l’abbraccio che noi argentini ci dobbiamo: l’abbraccio negato a chi pensa diversamente, a chi vive secondo altre consuetudini o modi di essere; l’abbraccio mancato verso chi soffre; gli abbracci che non ci siamo potuti scambiare durante la pandemia", ha proseguito.
Concretizzare il suo magistero
"Come popolo, vogliamo offrire a Francesco un grande abbraccio e dirgli: grazie, perdonaci, ti vogliamo bene. Ma sappiamo anche, come ho detto, che ci dobbiamo ancora molti abbracci tra di noi; per questo vogliamo offrirgli il miglior dono possibile: impegnarci a concretizzare, come Chiesa e come società, il suo magistero, per vivere finalmente quella fraternità tanto desiderata tra noi argentini", ha concluso la sua omelia, più volte interrotta dagli applausi dei presenti.
Forti ovazioni si sono levate quando monsignor García Cuerva ha parlato del dovere di "non lasciare mai soli i poveri", quando ha parafrasato il Papa ricordando che nella Chiesa "entrano tutti, tutti, tutti" e quando ha esortato a "non lasciarci rubare la gioia".
Candele e fiaccole
Prima della Messa, giovani di movimenti sociali di Buenos Aires si erano radunati all’alba sui gradini della Cattedrale per una veglia, con candele e fiaccole, seguendo la trasmissione ufficiale del funerale dal Vaticano. Lungo l’Avenida de Mayo sono stati installati impianti audio-video e maxischermi, per permettere alla numerosa folla di seguire la celebrazione. Circa 206 giornalisti nazionali e internazionali si sono accreditati per coprire l’evento storico.
Al termine della Messa, è stato compiuto il gesto simbolico dell’abbraccio di Francesco al popolo argentino: un’enorme immagine del Papa ha circondato la Plaza de Mayo. I fedeli, sventolando fazzoletti bianchi e accompagnati dal suono delle sirene, hanno partecipato a una commovente processione, una carovana di ringraziamento per la vita di quell’uomo nato il 17 dicembre 1936 nel quartiere di Flores. "Viva il Papa e viva l’Argentina", gridavano. Nel frattempo, sui maxischermi scorrevano immagini e messaggi di Bergoglio, sia come arcivescovo di Buenos Aires sia come Papa Francesco. Nella Plaza si mescolavano striscioni e cartelli del Movimiento Evita, dell’Universidad Católica, della parrocchia di San José de Flores, della Corriente Clasista y Combativa, di Barrios de Pie e dell’Unione dei Lavoratori dell’Economia Popolare (UTEP), tra molti altri.
Le autorità presenti
Alla cerimonia hanno partecipato la vicepresidente della Nazione, Victoria Villarruel; il sindaco della Città di Buenos Aires, Jorge Macri; e il governatore della provincia di Buenos Aires, Axel Kicillof, insieme ad altri esponenti politici e sociali. Presenti anche delegazioni di quartieri popolari e villas, membri dell’UTEP e sindacalisti della Confederación General del Trabajo (CGT), nonché rappresentanti di altre confessioni religiose. In diversi momenti della Messa, l’arcivescovo di Buenos Aires si è commosso fino alle lacrime, proseguendo a parlare con voce spezzata.
Nei "luoghi del dolore"
L’ultima volta che Bergoglio mise piede in Plaza de Mayo fu il 26 febbraio 2013, il giorno in cui partì per il Conclave che lo avrebbe eletto successore di Benedetto XVI. All’epoca, viveva in una modesta stanza nell’edificio dell’arcivescovado, accanto alla Cattedrale. I suoi collaboratori raccontano che amava passeggiare di notte nella Plaza per soccorrere chi viveva in strada, facendo aprire per loro i bagni dell’arcivescovado. In quella stessa Plaza, nel 2000, piantò un ulivo come simbolo di pace e dialogo tra le religioni, e da lì prendeva spesso la metropolitana per raggiungere parrocchie o visitare i suoi prediletti: le villas e i quartieri popolari. Nel pomeriggio di sabato, in omaggio a Francesco, le comunità dei “Hogares de Cristo” - iniziativa promossa da lui stesso per sottrarre i giovani alla dipendenza dalle droghe - hanno organizzato una peregrinazione attraverso i “luoghi del dolore” di Buenos Aires che Bergoglio era solito visitare: la Casa Mama Antula, la Plaza Constitución, l’Ospedale Borda, il carcere del Muñiz e la parrocchia Virgen de Caacupé nella villa 21-24.
"Faremo memoria delle sue parole e imiteremo i gesti dell’allora cardinale Bergoglio, con il quale abbiamo imparato a essere una Chiesa in uscita, più simile a un ospedale da campo che a ogni altra cosa", ha dichiarato il Equipo de Sacerdotes de Barrios Populares y Villas de Argentina. "Questo patto d’amore per Francesco lo rinnoveremo ogni anno, come parte del suo lascito, e continueremo a recarci in quei luoghi dove ci insegnò a essere una Chiesa povera per i poveri, come ha sempre sognato".
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