di Federico Anzini
Per molti ragazzi e ragazze, dopo la quarta media, quella del liceo è una scelta quasi naturale e nel contempo guardata con timore. Ma cosa significa fare il liceo? Nell’intervista che segue, Alberto Moccetti condivide la sua visione e la sua esperienza di direttore del liceo diocesano di Lucino.
Direttore Moccetti, qual è il cuore dell’esperienza scolastica del Liceo diocesano?
Per rispondere possiamo partire da ciò che ci sta a cuore: l’educazione e la formazione dei giovani, perché negli anni di liceo, che sono di fondamentale importanza per la loro crescita da tutti i punti di vista, possano scoprire e mettere a frutto le loro propensioni e le loro capacità. Così da continuare poi negli studi successivi e nel lavoro dando il loro personale contributo alla costruzione di un mondo e di una società migliori. Il Liceo diocesano nasce da questo desiderio e dallo sguardo pieno di speranza e di fiducia nella capacità di bene di ogni giovane che ci viene affidato. E’ questa la prospettiva con cui ci mettiamo a far scuola, prospettiva originata dall’esperieza cristiana.
Quali sfide affrontate nel gestire un liceo privato e cattolico?
In quanto scuole private, certamente ci troviamo confrontati con il fatto di dover reperire i mezzi finanziari per continuare la nostra opera. Grazie a Dio finora non sono mai mancati. Va però detto che molte famiglie devono fare grossi sacrifici. Cerchiamo allora di permettere a chiunque di frequentare la nostra scuola grazie alla generosità di benefattori che mettono a disposizione delle borse di studio. La circostanza economica ci obbliga però a essere sempre coscienti della nostra specificità: non avrebbe senso pagare una retta per avere una scuola senza una sua peculiarità, che consiste nella nostra proposta educativa. Su questo entra in gioco il nostro essere scuola cattolica: è una risorsa, in quanto la nostra identità ci stimola a desiderare il confronto con tutto e con tutti. Contrariamente a quanto a volte si pensa, essere cattolici vuol dire essere aperti a tutto senza paura, consapevoli della propria identità e della propria tradizione.
Quali sono le sfide più urgenti e quali le novità nella proposta educativa?
Durante questo anno scolastico e nei prossimi abbiamo lavorato, e continueremo a lavorare, da una parte su questioni di urgente attualità (dalla nuova riforma della maturità liceale alle problematiche legate all’intelligenza artificiale, dal valore formativo dei compiti all’importanza della valutazione scolastica o alla regolamentazione dell’uso dei telefonini a scuola); dall’altra sui fondamenti: cosa vuol dire educare? Quale è il ruolo dell’autorevolezza dei maestri? Come si sviluppa un pensiero critico negli allievi? Che importanza può avere la tradizione in un mondo dove culture e tradizioni si mescolano e sembrano quasi scomparire?
Il lavoro su questioni fondamentali come queste è indispensabile per poter rispondere adeguatamente alle sfide emergenti del nostro tempo. Altrimenti rischiamo di cedere a tutte le mode del momento. Per esempio: uno studente consapevole e capace di senso critico potrà valutare quando è il caso di ricorrere ai social media e quando non lo è; ma uno studente dipendente dai social media difficilmente riuscirà a sviluppare un pensiero critico.
A riguardo delle novità: abbiamo in quest’ultimo anno perfezionato i nostri curricoli più recenti: voglio ricordare infatti che, accanto ai curricoli tradizionali (classico, letterario, linguistico, scientifico, economico) offriamo un liceo artistico (in collaborazione con la SUPSI), un liceo musicale (in collaborazione col Conservatorio della Svizzera italiana) e un curricolo per sportivi d’élite (basato su flessibilità di orario, distribuzione del carico scolastico, armonizzazione tra lavoro scolastico e impegno sportivo).
Strada Regina sabato su LA1, domenica Chiese in diretta su Rete Uno e la Santa Messa su Rete Due.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.