di Ernesto Borghi, Coordinatore della Formazione Biblica nella Diocesi di Lugano
Che cosa pensare, progettare e fare alla conclusione di un anno di intensa attenzione alla speranza nell’amore del Dio di Gesù Cristo? Diffondere più di prima, in ogni direzione possibile, una persuasione intelligente ed appassionata: questo amore concreto e solidale è qualcosa di serio, può raggiungere chiunque a partire dalle scelte attive di qualsiasi persona che dica di essere cristiana.
Viviamo un momento storico in cui, a livello planetario e non solo, la giustizia spesso non è minimamente considerata come un valore e ci si nasconde anche dietro la “volontà di Dio” per perpetrare vessazioni e crimini di ogni genere. Allora fare di tutto per vivere la propria fede cristiana praticando la giustizia dell’amore sembra un obiettivo che chi afferma di essere credente cristiana/o dovrebbe considerare del tutto prioritario nella sua vita quotidiana. Come? Vediamo di dare attenzione, in proposito, ai tre ambiti della vita normale anzitutto delle comunità parrocchiali: liturgia, catechesi, carità solidale.
Chiunque, si tratti di persona in rapporto con la fede in Gesù Cristo sin da piccola/giovane o da persona di altra ispirazione culturale che vi si accosta da adulta, deve essere messo in condizione di entrare in questo cammino di fede e di interrogarsi, con serena costanza e in piena libertà, sull’andamento personale di tale percorso.
La lettura integrale della versione matteana consente di porre l’accento su tre aspetti centrali: la radice giudaica del cristianesimo; la predicazione del Regno; la nozione responsabilizzante di giustizia.
E la conferma nella fede cristiana, ossia un’attenzione ad approfondire i valori essenziali del discepolato verso il Dio di Gesù Cristo, non soltanto pensando a chi si prepara alla Cresima, ma anche a giovani e adulti può essere il filo conduttore pastorale da seguire con la massima intelligenza e libertà possibili. Sempre avendo chiaro che «Chi crede di essere un cristiano solo perché va in chiesa, sbaglia. Non si diventa mica una macchina entrando in un garage»[1] .
Nella e per la liturgia
Animare biblicamente la pastorale ecclesiale cattolica a partire da questi temi, lo ripeto, per quanto attiene ai territori di rito romano, può essere particolarmente congruo in occasione dell’anno liturgico A, contraddistinto dalla lettura festiva semi-continua proprio del vangelo secondo Matteo.
Ciò significa che, sapendo già in anticipo quali saranno le domeniche caratterizzate dalla lettura di brani matteani, chi presiede le celebrazioni e chi si occupa della loro preparazione possono ideare un percorso formativo a tappe, che non deve trasformare la Messa in una lezione di catechesi matteana, ma può rendere presenti, tramite qualche gesto significativo, l’attenzione agli aspetti fondamentali emergenti dai testi evangelici nel rapporto dal testo in sé al suo valore per la vita quotidiana.
Nei territori dove il rito cattolico è diverso da quello romano, si possono individuare le domeniche nelle quali vengono letti brani matteani e aiutare chi partecipa alla celebrazione ad avere stimoli e suggestioni efficaci in vista dell’approfondimento personale.
Certo: può essere utile invitare i fedeli a portare a casa il foglietto con il quale hanno potuto seguire la celebrazione perché rileggano personalmente i testi nei giorni successivi. Sarebbe, però, il caso – e in molte parrocchie ciò avviene da tempo e in modo significativo – di offrire un breve commento alle letture domenicali, una riflessione che ne scaturisca direttamente e qualche suggerimento bibliografico e/o multimediale a cui chi vuole possa indirizzarsi per approfondire la conoscenza biblica a livello seriamente esistenziale.
Nella catechesi [2]
Oltre agli itinerari preparatori alla Cresima e quelli complessivi sul rafforzamento della fede per giovani e adulti [3] pensiamo ad altri percorsi culturalmente significativi. Ormai siamo oltre Avvento e Natale, ma l’anno che ci sta dinanzi offre spazio per fare molto.
La radice giudaica: l’importanza della radice giudaica nella fede cristiana è un aspetto importante, che dovrebbe sempre più entrare nel bagaglio formativo-esistenziale di chiunque, in particolare di coloro che cercano di diventare davvero cristiane e cristiani.
Potrebbe essere molto utile, a questo scopo, un percorso di lettura interattiva, per giovani e/o adulti, strutturato in 10 incontri di 105 minuti l’uno:
- in Avvento 4 su Mt 1-2 [1,18-25 con il contesto introduttivo dei vv. 1-17; 2,1-12; 2,13-23]; 1 conclusivo di sintesi, di proiezione pratico-esistenziale e di convivialità); [4]
- in Quaresima 6 su Mt 5-7 [5,1-20; 5,21-48; 6,1-18; 6,19-34; 7,1-27]; 1 conclusivo di sintesi, di proiezione pratico-esistenziale e di convivialità) .
Il tema della giustizia: questo argomento/valore rientra sia nel quadro della predicazione gesuana del Regno che dello stesso fondamento giudaico dell’annuncio evangelico (= giustizia come fedeltà alla Torah in una prospettiva universale), può essere considerato in un percorso formativo di 7 incontri, dalla lettura di Es 20,1-17/Dt 5,6-21 (3 incontri) e di Mt 5-7 (3 incontri; 1 conclusivo di carattere complessivo) [5] a testimoniare la continuità etico-religiosa in sviluppo e ampliamento tra le dieci parole e il Discorso della montagna, facendo qualche approfondimento dalla dottrina sociale ecclesiale [6] e dando concretezza alle letture e riflessioni bibliche con qualche scelta sociale concreta.
Il tema del Regno: il modo in cui il Dio di Gesù Cristo esprime la sua autorità ed invita gli esseri umani ad esprimerla può essere oggetto interessante di un ciclo di 7 incontri di formazione in cui considerare i seguenti testi: Mt 6,19-34 (I); 13,1-52 (II-V): 1-23; 24-30.36-43; 31-35.44-46; 47-52; (VI) 25,31-46; (VII) conclusivo. La lettura di questi brani può avere tre obiettivi: cercare di capire le caratteristiche del regnare divino; trarne le conseguenze etiche per la vita quotidiana, personale e collettiva; individuare un’iniziativa sociale a cui rivolgere l’attenzione concreta di chi ha partecipato al percorso e di altre persone coinvolgibili.
Nella e per la carità solidale
Per tutti coloro che sono operativi nei gruppi caritativo-solidali dei percorsi formativi concernenti il tema della giustizia e come poter perseguire tale valore a livello economico, sociale, giuridico si possono ideare, a livello interparrocchiale e/o vicariale e/o diocesano corsi di formazione di carattere generale o specifico.
L’obiettivo fondamentale è quello di rendere le istituzioni ecclesiali - in collaborazione sempre più significativa con gli enti amministrativi locali - più capaci di rispondere alle esigenze di chi è in difficoltà culturale e/o sociale e/o economica, per le ragioni più varie.
L’educazione al valore della giustizia rispetto agli esseri umani e all’ambiente naturale e la mobilitazione per contribuire concretamente a realizzarlo, per quanto possibile, possono coinvolgere, secondo varie esigenze, ogni fascia di età. Nei programmi di catechesi questa non deve essere un’attenzione marginale, nella prospettiva del “fare il bene” di cui il vangelo secondo Matteo parla ripetutamente.
E le istituzioni ecclesiali, come e più di quanto già spesso fanno, dovrebbero offrire opportunità formative e occasioni di ricerca pratica della giustizia almeno dalla fase pre-adolescenziale sino all’età adulta e oltre. Dalle realtà locali strette a quelle internazionali più lontane ci sono oggi moltissime opportunità coglibili, a condizione che si conosca sempre meglio il territorio in cui si opera, si sia in contatto con gli organismi, per es., diocesani che si occupano, dalla propria zona all’Italia al mondo di solidarietà socio-culturale e socio-economica.
Dalla considerazione della giustizia perseguibile oggi a partire dalla lettura di Mt 5-7 e 25,31-46 si possono ipotizzare anche itinerari formativi, tra parole e azioni, che si propongano alla cittadinanza nel suo insieme (si pensi, e sono solo due esempi, ai temi dell’immigrazione [7] o dell’accompagnamento delle persone nelle ultime fasi della loro vita).
Ovviamente occorre non chiedere anzitutto a chi fosse interessato a parteciparvi se si dichiara cristiano in modo tradizionale o, comunque, esplicito. Tramite un’accoglienza senza pregiudizi è auspicabile costruire relazioni di conoscenza e collaborazione che offrano, dalle istituzioni ecclesiali al territorio, segni concreti non di carità paternalistica, ma di solidarietà appassionata e competente, che possono anche essere, senza forzature, stimoli ad un ripensamento religioso reale.
Per guardare al futuro
Quanto ho sin qui scritto apre varie opportunità alla creatività di tante persone degli stati di vita più diversi certamente non soltanto nelle parrocchie. “Ripartire da Cristo”, come si coglie anche nella lettera inviata da mons. Alain De Raemy per il dopo Giubileo, significa dare spazio sempre maggiore alla possibilità di realizzare o rinnovare relazioni umane che all’amore di Gesù Cristo si ispirino non a parole, ma nella concretezza dei fatti. Sempre nella logica della speranza evocata dal Giubileo appena concluso:
«La paura è l’origine della schiavitù, ed è l’origine di ogni forma di dittatura, perché è sulla strumentalizzazione delle paure del popolo che crescono l’indifferenza e la violenza…Ma basta un solo uomo, una sola donna perché ci sia speranza, e quell’uomo e quella donna puoi essere tu. Poi c’è un altro “tu” e un altro “tu” e allora diventiamo “noi”. Per noi cristiani il futuro ha un nome e questo nome è “speranza”. Avere speranza non significa essere ottimisti ingenui che ignorano il dramma del male dell’umanità. La speranza è la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere ludicamente il domani. Inquieti e gioiosi, così dobbiamo essere noi cristiani. La felicità è sempre un incontro e gli altri sono un’occasione concreta per incontrare Cristo stesso. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile per contagio di gioia e di speranza. Quando c’è il “noi” comincia la speranza? No, quella è incominciata già con il “tu”. Quando c’è il “noi”, comincia una rivoluzione. Dove c’è davvero il Vangelo, non la sua ostentazione, non la sua strumentalizzazione, ma la sua presenza concreta, c’è sempre rivoluzione. Una rivoluzione nella tenerezza. Non è altro che questo, la tenerezza: è l’amore che si fa vicino e concreto… E dopo il guardare, dopo l’ascoltare, non c’è il parlare. C’è il fare» [8] .
Il coordinamento della Formazione Biblica nella Diocesi di Lugano è a disposizione di tutte le istituzioni che avessero bisogno del suo aiuto per organizzare iniziative di formazione come quelle delineate o come altre che si reputassero più idonee ai diversi contesti ecclesiali, sempre nella prospettiva del tema “Ripartire da Cristo insieme”. Si scriva pure a tale scopo a: info@absi.ch o si telefoni a: 079 533 61 94.
Note
[1] A. Schweitzer, in DOCAT. Che cosa fare? La dottrina sociale della Chiesa, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2016, p. 40.
[2] Per dei percorsi matteani “complessivi” in proposito cfr., per es., E. Borghi, Credere fa essere umani? Dal vangelo secondo Matteo alla fede quotidiana per tutti, Elledici, Torino 2016.
[3] Cfr. Aa.Vv., Alle radici della comunità cristiana, San Lorenzo, Reggio Emilia 2021, pp. 104-111.
[4] In base alle esigenze formative dei destinatari e alle possibilità operative dell’istituzione ecclesiale che propone questa iniziativa, si può optare anche per 3 giornate, una in Avvento, 2 in Quaresima, il sabato o la domenica, della durata di 6 ore complessive l’una.
[5] Sempre considerando i due aspetti proposti nella nota precedente, si possono scegliere anche 2 giornate, durante la Quaresima, il sabato o la domenica, della durata di 6 ore complessive l’una.
[6] Cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2004; DOCAT. Che cosa fare? La dottrina sociale della Chiesa.
[7] Cfr., per es., Aa.Vv., Per vivere con se stessi e gli altri da esseri umani, Cittadella, Assisi (PG) 2024.
[8] Francesco, Spera. L’autobiografia, Mondadori, Milano 2025, pp. 380-382.