di Jorge Costadoat (in “Religión Digital” del 17 maggio 2025)
La morte di papa Francesco lascia alla Chiesa un’eredità di enorme importanza: il suo impegno determinato nel passare dal clericalismo alla sinodalità. Ispirandosi al Concilio Vaticano II, Francesco ha insistito su una Chiesa intesa come Popolo di Dio, dove tutti i battezzati camminano insieme verso il Regno.
Per secoli la cultura della Chiesa è stata caratterizzata da una relazione verticale tra clero e laici. Per molti fedeli questa dinamica ha portato ad abusi di potere, esclusione e a un’esperienza ecclesiale passiva. Spesso ci si aspetta che i laici ascoltino, obbediscano e non facciano domande, mentre i preti appaiono come unici custodi della verità e della decisione pastorale.
Questo fenomeno, comunemente chiamato “clericalismo”, è stato chiaramente descritto da Francesco come una “perversione del ministero”. Il problema non risiede solo in alcuni atteggiamenti individuali, ma in una mentalità e in strutture istituzionali che impediscono relazioni fraterne, indeboliscono la comunione e oscurano il volto evangelico della Chiesa.
Le radici del problema e le conseguenze
Il clericalismo ha radici profonde. Una delle più persistenti è nella formazione che ricevono i seminaristi. Fin da piccoli vengono separati dal Popolo di Dio e formati a obbedire e a comandare, piuttosto che a svolgere il servizio umile. Invece di pastori vicini, i seminari spesso producono – come dice il papa – “professionisti del sacro”.
Questo modello ha generato una figura sacerdotale sacralizzata, distante e in molti casi autoritaria. I laici, da parte loro, non hanno sempre reagito responsabilmente: hanno spesso accettato di essere ridotti a un’obbedienza acritica. «Il prete clericalizza e il laico gli chiede, per favore, di clericalizzarlo», osserva acutamente Francesco.
Si perpetua così un’usanza che infantilizza i fedeli e sterilizza la loro missione nel mondo. Le conseguenze del clericalismo sono state gravi. Questo è stato un terreno fertile per abusi sessuali, abusi di coscienza, abusi di potere e il loro occultamento.
Senza efficaci meccanismi di controllo e di rendicontazione, alcuni ministri hanno violato impunemente limiti essenziali. La riforma, dunque, non può limitarsi agli aspetti disciplinari: è necessaria una profonda trasformazione nella coscienza ecclesiale.
La sinodalità come risposta e futuro della Chiesa
La risposta di Francesco è stata chiara: sinodalità. Di fronte a una Chiesa eccessivamente gerarchica, egli propone una Chiesa che discerne in comune, dove tutti ascoltano e imparano gli uni dagli altri. La sinodalità non è solo uno stile pastorale: è una dimensione costitutiva della Chiesa, riflesso dello Spirito che anima l’intero Popolo di Dio.
Ciò implica riforme concrete: un modo diverso di formare i ministri, nuovi modi di esercitare l’autorità, una partecipazione effettiva dei laici – comprese le donne – negli spazi decisionali e nelle strutture economiche e pastorali soggette alla revisione comunitaria.
La sinodalità esige “pastori che abbiano odore di pecore”, non burocrati dell’altare. Francesco ha insistito sul fatto che il cambiamento non sarà autentico se non nasce da una conversione interiore. La Chiesa ha bisogno di pastori umili, di comunità aperte, di ministri disposti ad ascoltare e di strutture che promuovano la partecipazione.
“Non vogliamo chierici da laboratorio” – ha affermato – “ma servitori che vivano la loro vocazione come dedizione”. La credibilità della Chiesa continua a restare in gioco. Se vuole annunciare il Vangelo con forza profetica, deve spogliarsi di tutto ciò che la chiude in se stessa.
Il clericalismo l’ha allontanata dal Popolo fedele di Dio e ha ostacolato l’azione dello Spirito. La sinodalità, invece, apre cammini di comunione, discernimento e missione condivisa. Questo è uno dei punti chiave dell’eredità di papa Francesco: aver acceso nella Chiesa la speranza che è possibile essere veramente evangelica, se impara e insegna a camminare insieme. Con tutti e tutte, senza caste.
(Traduzione italiana a cura di Lorenzo Tomaselli)