A 5 chilometri dal confine ucraino; a poche decine di chilometri dalle ultime bombe lanciate dall’esercito russo nella zona più a ovest dell’Ucraina. È lì che la famiglia di don Krystian Nowicki – giovane sacerdote, assistente presso l’Istituto DiReCom della Facoltà di Teologia di Lugano e ospite, insieme ad altri tre preti polacchi, del Centro «San Giovanni Paolo II» a Besso – si è ritrovata, da un giorno all’altro, nel cuore del dramma della guerra tra Ucraina e Russia. Mentre nei due centri di accoglienza di Korczowa e Medyka si accolgono e smistano i profughi di ora in ora sempre più numerosi, la mamma di don Krystian, costantemente in contatto telefonico con il figlio, ha già predisposto tutto per aprire le porte di casa sua a una famiglia ucraina.
L’accoglienza nelle case di donne e bambini
Come ci spiega il giovane sacerdote, giungono al confine soprattutto mamme con bambini, dato che il governo ucraino ha imposto agli uomini dai 18 ai 60 anni di rimanere per difendere la patria. La disponibilità dei polacchi all’accoglienza nelle proprie case di questi nuclei famigliari spezzati è fondamentale: «Necessitano di tutto, ma soprattutto di cibo e un alloggio. Casa significa sicurezza, calore umano. Lo Stato polacco, rendendosene conto, sta predisponendo nuovi sostegni per coloro che si presteranno all’accoglienza. Si sta inoltre pensando come poter integrare nelle scuole i molti bambini ucraini arrivati, oltre a garantire loro la giusta assistenza medico-sociale», ci racconta don Krystian.
La solidarietà che aiuta a superare le ferite della storia
L’emergenza sta anche aiutando la Polonia a superare ferite aperte da più di mezzo secolo: «Il legame tra Ucraina e Polonia è storicamente molto complesso. A causa della ridefinizione dei confini dei due Stati, avvenuta ripetutamente nella storia, in città come Leopoli, ad oggi ucraina, una parte consistente della popolazione si riconosce ancora nei valori polacchi e nella tradizione della Chiesa cattolico-latina, e viceversa nella città polacca di Przemyoel – di cui parlano molto i media, dato che vi si trova un altro centro di accoglienza – una parte dei cittadini si riconoscono ancora ucraini». Non sempre questa situazione è stata serenamente accettata. Ora, con l’emergenza profughi, tutto è cambiato. «Come afferma lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, bisogna ringraziare il popolo polacco per l’aiuto prestato senza badare a lingua, etnia o credo religioso dei profughi».
La preghiera e gli appelli di Papa Francesco per la pace
A questo si aggiunge la fondamentale vicinanza delle Chiese. In varie località in Polonia si susseguono iniziative di preghiera. «La preghiera può essere un aiuto, soprattutto per cambiare i cuori. Durante la stessa veglia di preghiera che si è tenuta a Lugano su iniziativa della Comunità di Lavoro delle Chiese cristiane in Ticino, lo scorso 2 marzo, ho potuto parlare con due donne ucraine, e unirmi con loro nell’intensa preghiera del Padre nostro, e nella loro profonda commozione al momento di pronunciare le parole: “Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Sono inoltre essenziali gli appelli del Papa in favore della pace, assieme alle azioni concrete che sta compiendo, ad esempio l’invio di due cardinali in missione in Ucraina: gli siamo tutti molto grati. La Conferenza dei vescovi polacchi ha, invece, già sollecitato con due lettere il patriarca ortodosso russo Kirill affinché ci sia un analogo atteggiamento da parte ortodossa».
L’impegno 24 ore su 24 di parrocchie e diocesi
A solo qualche chilometro di distanza da don Christian, nella stessa Diocesi di Przemysl e soli quattro chilometri dal confine ucraino, troviamo la famiglia di don Pawel Miara, attualmente parroco a Coldrerio. Qualche giorno fa, sua cugina ha accolto due giovani donne con figli; la mamma, invece, presta servizio nel locale oratorio di Chotyniec, trasformato in «casa» per 60 profughi: «Tutte le parrocchie della nostra Diocesi si sono mobilitate. Più di una ventina di Case per ritiro si sono trasformate in alloggi di fortuna. All’oratoriocuciniamo pasti caldi per tutti. È drammatico, ho visto per la prima volta nella mia vita mio padre piangere, mentre il parroco del mio paese, con cui sono in contatto, mi dice di essere sfinito. L’assistenza ai profughi richiede una presenza costante, 24 ore su 24. Ma tanta solidarietà dà speranza, soprattutto a chi continua ad avere il cuore dall’altra parte del confine, avendo lasciato i propri affetti in Ucraina. Tra questi, anche molti giovani minorenni non accompagnati, caricati sui treni dai genitori, che sperano di salvare loro la vita».
di Laura Quadri