Cresce la persecuzione cristiana nel mondo, come documenta il Rapporto 2017 dell’organizzazione internazionale 'Porte Aperte', che ogni anno stila la lista nera dei 50 Paesi dove maggiormente i fedeli cristiani sono oppressi, vessati, discriminati, oggetto di abusi e violenze a causa della loro fede religiosa, condizionati nel privato e nella vita pubblica. Roberta Gisotti ha intervistato Cristian Nani direttore in Italia di Porte Aperte.
D. – Oltre 215 milioni di fedeli perseguitati, 1 su 3 gravemente, nei 50 Paesi più illiberali al mondo riguardo la religione, dove cresce la pressione anticristiana con quali motivazioni?
R. – Nel Report di quest’anno vi è una evidente ascesa del nazionalismo religioso in alcune aree dell’Asia. E questa è, forse, la parte che sorprende un po’ di più: un Paese come l’India sale al 15.mo posto a causa del nazionalismo induista, che opprime la vita sociale dei cristiani in questo grande Paese; ma anche nazioni come Laos, Bangladesh, Vietnam, Bhutan, che hanno origini e tipologie sociali completamente differenti, il nazionalismo religioso sta trovando particolare spazio. L’altro elemento fondamentale, che è poi la fonte principale di persecuzione anticristiana, rimane quello che noi definiamo l’“oppressione islamica”, estremismi ben conosciuti dalle prime pagine dei giornali e dei report radiofonici e televisivi come Boko Haram, al-Shabbat o l’Is e fino alle persecuzioni nella vita sociale ordinaria in almeno 35 dei 50 Paesi della lista.
D. – Al primo posto troviamo da 15 anni la Corea del Nord: e qui il problema è di tipo politico?
R. – Sì. Laggiù c’è l’ideologia che governa la vita sociale dei nordcoreani, che è pura adorazione nei confronti del leader Kim Jong-un. In Corea del Nord le violazioni dei diritti umani sono massicce: vi è addirittura la presenza conclamata di campi di rieducazione e di lavori forzati simili ai lager nazisti, in cui sono rinchiusi - noi stimiamo – tra i 50 e 70 mila cristiani per il semplice fatto di essere cristiani o di aver posseduto una Bibbia.
D. – Dr Nani, questa persecuzione è portata abbastanza all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale?
R. – Io credo che ci sia stato un aumento dell’attenzione negli ultimi anni. Ricordo che 7-8 anni fa era abbastanza difficile parlare di persecuzione dei cristiani, seppure mai come in questa epoca si sono perseguitati, in termini numerici. Ma se ne parla ancora molto poco e forse in maniera superficiale, soprattutto quando ci sono dei morti e cioè uomini e donne che vengono uccisi per il solo fatto di credere in Dio. Parliamo – secondo le nostre stime - di 1.207 martiri cristiani nell’anno appena trascorso e di oltre 1.300 chiese attaccate. Quello che mi preme sottolineare è il fatto che proprio la discriminazione e il rilegare le persone ad una vita di serie B, ad una vita senza futuro, senza l’accesso alla scuola, senza l’accesso al mondo del lavoro e alle cure mediche per il fatto di credere in Cristo Gesù, questo è qualcosa che dovrebbe scuotere se non altro il mondo occidentale!
D. – Il fatto che queste persecuzioni siano addirittura in aumento è la spia che nel mondo stanno venendo meno anche gli altri diritti delle persone…
R. – Sicuramente è un segno dei tempi. E’ chiaro che vi è una lacerazione nelle società a molti livelli. Certo la persecuzione, il sangue dei martiri come seme della Chiesa, non è una novità di questi anni: la novità è che sta molto aumentando.