Ha scosso la società latinoamericana il recente assassinio in Honduras del difensore dei diritti umani e ambientali, Juan Antonio López - responsabile diocesano della pastorale sociale della diocesi di Trujillo - mentre usciva dalla parrocchia. E ha mostrato l’importanza del lavoro che svolgono tanti uomini e donne che mettono a rischio la propria vita per proteggere quella degli altri. La morte di López ha anche messo in evidenza la condizione di vulnerabilità in cui vivono i difensori dei diritti umani e i leader che proteggono la “casa comune” in tutta l’America Latina. Molti di loro s’ispirano agli insegnamenti di Papa Francesco nella Laudato si’, nella Laudate Deum e nella Fratelli tutti.
La Chiesa cattolica non vuole lasciarli soli. Perciò, diverse organizzazioni sociali, religiose e civili, guidate dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), e sostenute dal Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale (Dssui) e dalla Pontificia Commissione per l’America Latina (Pcal), hanno unito gli sforzi per avviare la campagna “La vita è appesa a un filo”, al fine di realizzare azioni che promuovano la solidarietà, la tutela e il riconoscimento del lavoro dei difensori dei diritti umani, dei leader sociali e degli attori civili in America Latina e nei Caraibi. L’iniziativa, che ha come motto “Tessere il futuro, proteggere la vita”, è stata presentata oggi, lunedì 9 dicembre nella Sala Stampa della Santa Sede.
Forti le parole del leader della Chiesa greco ortodossa di Antiochia, vero e proprio «manifesto» delle attese di tanti cristiani siriani
Il messaggio lancia un appello per la liberazione “degli ostaggi, dei prigionieri, il ritorno dei senzatetto e degli sfollati, la cura dei malati e dei feriti, il ripristino delle proprietà sequestrate o minacciate e la ricostruzione di tutte le strutture civili che sono state danneggiate o distrutte”.
Oggi, 12 dicembre, è la sua festa. La testimonianza di quanto la purezza del cuore possa far fiorire nel mondo la bellezza.