Passo del San Gottardo, 1° agosto 2025 – Oltre 2000 pellegrini si sono ritrovati sullo storico valico per la tradizionale Messa del Primo agosto. La celebrazione, trasmessa in diretta da RSI «La1», ha visto la partecipazione di quattro vescovi – Alain de Raemy (presidente), Pier Giacomo Grampa, Jean-Marie Lovey (Sion) e Joseph Maria Bonnemain (Coira) – testimoniando, come ha detto lo stesso vescovo De Raemy, “l’unità e la comunione tra le Chiese sorelle della Svizzera”.
Un luogo che unisce
Nel suo saluto iniziale, mons. De Raemy ha sottolineato il valore simbolico e spirituale del San Gottardo, “dove vengono collegati Cantoni, culture, lingue, tradizioni, costumi e riti diversi”. Un luogo alto, dove “il Cielo di Dio sembra a noi più vicino”, e dal quale si aprono “nuovi orizzonti”. Il vescovo ha salutato fedeli, turisti, pellegrini e comunità cristiane con parole inclusive in tutte le lingue nazionali, augurando “Pace in questa giornata della Patria” e ricordando che la Svizzera deve restare “fedele alla sua vocazione di giustizia e di pace”.
L’Amore che sorprende
L’omelia ha avuto il tono appassionato e coinvolgente di una testimonianza personale: “Tu sei amato da uno che è capace di amare anche chi lo odia… da uno che ama anche chi lo vuole uccidere e lo uccide!”. Commentando la Lettera ai Romani, il vescovo ha proclamato con forza la radicalità dell’amore cristiano: “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.
Per mons. De Raemy, l’amore di Dio è “una divina esagerazione”: “Ti ama più del necessario. Ti ama più del ragionevole. Ti ama più del normale. Ti ama alla follia. Ti ama da morire”. E continua: “L’amore non impone, ama. E basta”. In questo senso, il sacrificio della croce vale per ogni uomo e ogni donna, anche per chi è agnostico, lontano, o non si sente degno: “Anche tu hai per te l’incredibile potenza dell’Amore di un Dio che ama chi lo rifiuta”.
Ricollegandosi alla Festa nazionale, il vescovo ha detto che si può morire per la patria, ma “davvero da cristiani”, solo se si è disposti ad “amare da morire anche il nemico che ti vorrebbe uccidere”. Un invito forte, in tempi segnati da conflitti e divisioni, a riscoprire il valore della riconciliazione.
I santi di oggi: l’omelia in francese
Mons. De Raemy ha poi proseguito l’omelia in lingua francese, interrogandosi sul compimento della Buona Notizia proclamata da Gesù a Nazaret: “La Buona Notizia ai poveri. La liberazione ai prigionieri. La vista ai ciechi. La libertà agli oppressi”. Dopo 2000 anni possiamo davvero dire che tutto questo si è compiuto? A prima vista, ha ammesso, non sembra: “abusi di ogni tipo, guerre, ingiustizie anche nei Paesi di antica cristianità, aborti senza numero…”. Eppure, ha invitato tutti a guardare con altri occhi: “Conoscete tutti i santi che sono esistiti e che esistono oggi? Nemmeno io. Ma esistono”.
Ha ricordato le parole di San Paolo sulla speranza che non delude e ha chiesto: “Sappiamo quanti fratelli e sorelle cristiani oggi vivono nella tribolazione e la trasformano in speranza? Che rispondono all’odio con il perdono, alla violenza con la pazienza, alla provocazione con la riconciliazione?”. Ha citato i “santi sconosciuti” della Palestina, Israele, Ucraina, Russia, Iran, Stati Uniti, Yemen, Ruanda, Congo, e Svizzera, come segni viventi del Giubileo eterno: “Sono loro la storia più vera. Sono l’anno santo che si vive ogni anno!”.
Il significato del 1° agosto: l’omelia in tedesco
Il vescovo ha poi parlato in tedesco, richiamando il valore cristiano della Festa nazionale: “Se oggi celebriamo come cristiani la festa della Patria, che sia davvero da cristiani. Come amici di Gesù che vivono una speranza operosa, non solo un pio desiderio”.
Ha sottolineato la forza della speranza cristiana che riconosce “la vittoria definitiva sulla morte, sull’odio e sulla violenza in un Crocifisso che continua ad amare anche crocifisso”. E ha richiamato la bandiera svizzera come simbolo di questa fede: “Una croce bianca che illumina il fondo rosso sangue – non è forse il segno dolce e potente di un Risorto che ama?”.
E conclude: “Sotto un tale segno, non si può più odiare il nemico. Si può solo prendersi cura di tutti e vivere per tutti”.
Un pellegrinaggio di popolo
La Messa sul San Gottardo, rinata nel 1986 con mons. Corecco e cresciuta fino al raduno di 4.000 fedeli nel 2000, continua a essere “un vero pellegrinaggio diocesano”, come affermano gli organizzatori. Anche quest’anno, molti hanno raggiunto il passo con treno e bus navetta, condividendo il viaggio con il vescovo stesso, che ha voluto passare di carrozza in carrozza per salutare tutti.
La celebrazione del San Gottardo è più di un evento liturgico: è un segno per la Svizzera contemporanea. In un mondo frammentato, è importante – come ha detto mons. De Raemy – “permettere a ogni particolarità di far parte della normalità”. Dal passo, simbolo di unione tra Nord e Sud, la Chiesa svizzera lancia un messaggio universale: l’amore cristiano non esclude nessuno, nemmeno il nemico.
In chiusura, il vescovo ha voluto affidare al Signore tutti gli abitanti della Confederazione, con parole tratte dalla liturgia: “Dio onnipotente ed eterno, ardente desiderio del cuore umano, guarda con bontà il tuo popolo pellegrino in questo anno di grazia, perché, unito a Cristo, roccia della salvezza, possa giungere nella gioia alla meta della beata speranza”.
Ha quindi ringraziato la Parrocchia e il Comune di Airolo, la RSI, il Coro diocesano e tutti coloro che pregano ogni giorno per il Paese e le autorità. E, dal San Gottardo, ha inviato un pensiero anche a Blatten, a Brienz e alla Vallemaggia: “Il Signore benedica tutti gli abitanti della nostra Patria!”.