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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (3 febbraio 2025)
Catt
  • 2 febbraio. La Presentazione di Gesù al Tempio. Commenti al Vangelo

    2 febbraio. La Presentazione di Gesù al Tempio. Commenti al Vangelo

    Calendario romano: Lc 2,22-40

    Dio sa fare con quello che c’è

    di Dante Balbo

    Il 2 febbraio è la festa della Presentazione di Gesù al tempio, detta anche Madonna della candelora, che la mia parrocchia celebra come suo giorno patronale.

    La Chiesa tuttavia nel giorno di domenica privilegia le letture della Messa quarta del Tempo ordinario.

    La nostra festa patronale prevede che a presiederla siano due priori, che quest'anno sono due sposi che celebrano il loro cinquantesimo anniversario di matrimonio.

    Sono due persone normali, vivono in parrocchia, si dedicano alla chiesa con passione, soprattutto hanno espresso la loro fede, accompagnando i loro 6 figli: uno di loro è sacerdote, l'altra è docente universitaria e ricercatrice presso la Facoltà di teologia, arricchendo entrambi la comunità ecclesiale, un altro è in cammino per un ministero laicale.

    Sembra fatto apposta, ma rappresentano proprio le letture di questa domenica, in particolare, in relazione alla vocazione.

    La prima lettura, infatti, ci mostra la figura di Geremia, chiamato dal Signore a diventare profeta in mezzo al popolo di Israele, che si sente incapace e indegno di questo compito.

    A lui il Signore risponde che è amato fin dal seno materno, consacrato fin dal momento della sua nascita.

    Possiamo cavarcela dicendo che non tutti sono Geremia, né famiglie straordinarie come quella dei priori,

    ma Dio, per lo stesso fatto che ci ha voluti al mondo, non ha pensato per noi un destino insignificante.

    Non ha bisogno di Superman, né di intelligenze straordinarie, ma di uomini e donne che dicono di sì.

    La storia della Chiesa e prima del popolo ebraico è piena di gente fragile, su cui nessuno avrebbe scommesso, eppure sono diventate colonne straordinarie: Mosè balbettava, Davide era un ragazzino, Pietro un pescatore cocciuto, agostino un uomo dai costumi discutibili, Tommaso un grasso monaco, Teresa di Lisieux una ragazzina problematica, Caterina da Siena e San Nicolao de la Flüe due illetterati.

    Dio fa con quel che c'è e gli riesce benissimo, se gli diciamo di sì.

    Calendario ambrosiano: Lc 2,22-40

    La cultura dell’incontro: ogni vita è degna

    di don Giuseppe Grampa

    L’evangelo di questa domenica ci riferisce il gesto di Giuseppe e Maria che presentano al Tempio il loro figlio primogenito, secondo la legge di Mosè. Ogni maschio primogenito doveva essere consacrato al Signore perché il Signore aveva risparmiato la vita ai primogeniti degli Ebrei quando aveva liberato il suo popolo dalla schiavitù in Egitto. Nel ricordo di questo gesto di salvezza e di liberazione, il figlio primogenito doveva essere consacrato al Signore e come tale sarebbe rimasto a servizio del Tempio. Ma i genitori poi riscattavano il loro bambino, offrendo in cambio una coppia di piccoli animali. Mi sembra che tale gesto esprima il riconoscimento del valore della vita come dono di Dio. Accogliere la vita come dono significa riconoscere la dignità della vita e quindi rispettarla sempre anche quando manca di alcune qualità. Papa Francesco ripetutamente ci ha esortati a non cedere alla ‘cultura dello scarto’ che tende a eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o socialmente più deboli. La nostra risposta a questa mentalità è un sì deciso e senza tentennamenti alla vita. Il primo diritto di una persona umana è la sua vita. Alla ‘cultura dello scarto’ papa Francesco oppone la ‘cultura dell’incontro’:

    “Noi viviamo in una cultura che butta via quello che non è più utile, la cultura appunto dello scarto. Ma io vi invito a pensare alle persone anziane, che sono la saggezza di un popolo, ai bambini…! Ma noi dobbiamo creare con la nostra fede una ‘cultura dell’incontro’, una cultura nella quale troviamo dei fratelli, una cultura che ci permette di parlare  anche con quelli che non pensano come noi, anche con quelli che hanno una fede diversa dalla nostra. Essi hanno tutti qualche cosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andiamo incontro all’altro, senza negoziare la nostra appartenenza” (Roma, 18 maggio 2013).

    La pagina evangelica si conclude con l’incontro con due anziani: Simeone e Anna. In loro si raccoglie l’attesa secolare di Israele. Un anziano che ‘aspetta’, un anziano che non vive nostalgicamente rivolto al passato, ma che ‘aspetta’, rivolto al futuro. Vorrei formulare una preghiera per quanti, come me, sono anziani: non venga meno in noi la capacità di attendere il futuro che Dio ogni giorno ci dona.

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