Lungo la strada che da Gerusalemme conduce a Ramallah il buio è già calato da tempo e le vie sono illuminate dalle luminarie che qui si accendono durante Ramadan. Qui la sera è già mite e ai bordi delle strade gruppi di famiglie sono riunite per l’iftar, la cena che segue il lungo digiuno quotidiano. Il bianco acceso degli edifici della muqata, la residenza del presidente, si staglia nel buio di una notte senza luna. Il colloquio con il presidente Abbās avviene in ora notturna; non inusuale da queste parti. Dopo diversi controlli di sicurezza accediamo ad una sala d’attesa che è arredata da un grande poster fotografico nel quale sono raffigurate, come se fossero veramente contigui, la cupola dorata della Roccia, e le due cupole grigie della Basilica del Santo Sepolcro. “Ci teniamo ad esporle insieme, ci dice Majdi Khaldi consigliere diplomatico del presidente, perché insieme rappresentano l’adesione dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) al pluralismo religioso che caratterizza il popolo palestinese”. Con una certa solennità cerimoniale siamo introdotti nella stanza del presidente Abbās. La sua stretta di mano è vigorosa, appare abbastanza più giovane della sua età. “Lei è venuto qui a farmi delle domande. Ma la prima domanda la voglio fare io a lei: come sta il mio amico papa Francesco?” E durante il corso dell’intervista la figura di papa Francesco riemergerà più volte. Non c’è arguzia politica o diplomatica: ogni volta che parla del Papa il volto del presidente si illumina, è evidente che ne è ammirato, che gli vuole bene.
Signor Presidente, lei è l'unico musulmano (forse anche l'unico tra i cristiani) che partecipa ogni anno a tre messe per celebrare il Natale. Con i latini, gli ortodossi e gli armeni. Come descriverebbe il suo rapporto con la comunità cristiana in Palestina negli ultimi anni?
La religione cristiana in Palestina è vera quanto la religione islamica. Ciò che distingue il Cristianesimo in Palestina è che Gesù è figlio di questa terra, e qui è nato, nella città di Betlemme, in un'umile grotta, sulla quale è poi sorta la Basilica della Natività, che noi visitiamo per complimentarci con le diverse confessioni cristiane, ortodossa, cattolica e armena, tre volte in occasione del Natale di Gesù. Come ANP noi siamo molto legati a questi luoghi di culto cari sia ai cristiani locali che ai tanti pellegrini che vengono da tutto il mondo. Per questo non abbiamo esitato ad avviare negli ultimi anni agli importanti restauri delle Basiliche della Natività a Betlemme e del Santo Sepolcro a Gerusalemme , in accordo con le tre confessioni cristiane aderenti allo Statu Quo. Celebriamo le ricorrenze cristiane con tutto il nostro popolo palestinese, cristiani e musulmani, e consideriamo tutte le feste religiose cristiane come feste nazionali palestinesi. Siamo consapevoli che la terra di Palestina è la terra della santità, da cui il cristianesimo ha avuto origine e si è diffuso nel mondo.
Presidente, sono passati trent'anni dagli Accordi di Oslo e da allora il processo di pace non ha fatto progressi. Nel frattempo però molti cambiamenti sono intervenuti nei fatti. Per esempio nella composizione della popolazione di quella Area C, la cui definizione in quegli accordi era rimandata al futuro. Le chiedo: come si può immaginare uno stato palestinese oggi se manca la contiguità territoriale? E lei pensa che la soluzione "due Stati per due popoli" sia ancora concretamente percorribile oggi?
La causa palestinese ha attraversato molte fasi, la più grave delle quali è stata quando le forze israeliane hanno commesso quella che ancora oggi è ricordata come la più grande tragedia subita dal popolo palestinese, la Nakba del 1948. Più della metà del popolo palestinese venne allora espulso dalla propria terra, e vennero commessi 51 massacri, e demoliti 529 villaggi: è la più grande catastrofe della nostra storia e ancora oggi 6 milioni di palestinesi, sia musulmani che cristiani, vivono nei campi profughi. Quest'anno ricorre il 75° anniversario della Nakba, così come ricorre il 54° anniversario dell'occupazione del resto della terra palestinese in Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza nel 1967.
Malgrado l'adozione di numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e del Consiglio dei diritti umani, nessuna di esse ad oggi risulta attuata.
Nonostante la disponibilità da parte palestinese a molte iniziative di pace e la firma di accordi, come appunto gli accordi di Oslo nel 1993, l'iniziativa di pace araba nel 2002, la road map per il Medio Oriente nel 2003 e tante altre proposte, i successivi governi israeliani non hanno mai risposto ad alcuna di queste iniziative e non hanno neanche rispettato gli accordi presi. Al contrario sono state messe in atto pratiche coloniali che violano il diritto internazionale e la Quarta Convenzione di Ginevra, come la costruzione di insediamenti illegali, l'annessione di terre, la demolizione di case, l'espulsione di palestinesi dalla loro terra, la violazione di luoghi santi islamici e cristiani. Tutto questo ha contribuito a minare la possibilità della soluzione dei due Stati e ha permesso di commettere crimini di discriminazione etnica nello stile dell’ apartheid.
Purtroppo devo constatare che invece di contestare Israele per la sua aggressione contro il popolo palestinese, obbligandolo a rispettare gli accordi firmati sui fondamenti del diritto internazionale, molti paesi continuano a tacere sulle responsabilità di Israele, esprimendo solo una generica e superficiale vicinanza ai legittimi diritti dei palestinesi. Nonostante ciò però, lo Stato di Palestina, gode di un rispettabile riconoscimento internazionale, è stato osservatore nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed è stato membro a pieno titolo in più di cento agenzie e trattati internazionali, firmando accordi e rispondendo a tutte le iniziative della comunità internazionale. In questo momento, spetta alla comunità internazionale la responsabilità di fermare Israele, obbligandolo ad attuare le decisioni di legittimità internazionale e a rispettare gli accordi firmati, ponendo fine all'occupazione israeliana della terra dello Stato di Palestina con la sua capitale, Gerusalemme Est, e tornando ai confini del 1967. Nella realtà attuale, quella cioè dello Stato unico, a dominare è invece il sistema dell'apartheid, che è contrario al diritto internazionale.
Il nostro popolo, che ha raggiunto i 15 milioni di palestinesi sparsi per il mondo e nello Stato di Palestina, merita di vivere in sicurezza, pace e buon vicinato con tutti gli stati di questa area geografica.