“I capi delle comunità non vogliono definirsi minoranze, perché altrimenti potrebbero perdere la loro rappresentanza nella nuova Costituzione e nelle istituzioni statali. Vogliono sottolineare l’uguaglianza dei diritti”: è quanto afferma Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) riportando voci di cristiani siriani (mantenuti anonimi per motivi di sicurezza).
In una nota diffusa oggi la Fondazione ricorda che “i leader cristiani in Siria hanno espresso la volontà di lavorare con il governo provvisorio, dopo il rovesciamento del regime di Bashar al-Assad, per costruire un Paese basato sulla parità di diritti e intendono assumere un ruolo effettivo per il futuro della Siria e rifiutano di essere etichettati solo come una minoranza religiosa che necessita di un trattamento speciale o, peggio, trattati come cittadini di seconda classe”.
Nelle settimane scorse ci sono già stati diversi incontri ad alto livello tra i leader cristiani e il nuovo establishment politico, e i funzionari hanno rassicurato i cristiani sul pieno rispetto di tali diritti. Davanti alle promesse del governo di transizione di rispettare la libertà religiosa, le fonti locali hanno dichiarato ad Acs che “Damasco è sotto i riflettori e questo spinge gli ex ribelli a essere più pacifici e a mantenere un’immagine positiva. Tuttavia, si verificano ancora singoli episodi, come la richiesta alle donne di indossare il velo, o quella rivolta a uomini e donne affinché non camminino insieme qualora non siano parenti. Lo stesso accade ad Aleppo”.
Inoltre, “la mancanza di una forte autorità centrale ha permesso ad alcuni piccoli gruppi o individui di imporre misure più radicali, come la segregazione sui trasporti pubblici o l’obbligo per le donne di indossare il velo. A Homs e Hama la situazione è più difficile. È un’area mista, con dieci confessioni religiose che vivono nello stesso luogo, il che rende la situazione difficile. Lo era anche durante la guerra. La gente evita di stare per strada dopo le 17. Ci sono jihadisti che usano megafoni per invitare le persone a convertirsi all’Islam e dicono alle donne di velarsi. La paura è davvero molto forte, i cristiani non possono lavorare, molti restano a casa”.
Acs riporta anche “casi di cristiani a cui è stato chiesto di convertirsi all’Islam. Quando rifiutano, vengono allontanati dal posto di blocco, ma perdono tutti i loro beni”. “Siamo felici che il regime di Assad sia caduto e speriamo in una Siria migliore – specificano le fonti locali – ma non dobbiamo dare per scontato che tutto vada bene ora, soprattutto per i cristiani, o che il cambiamento in Siria sia per il meglio, anche se speriamo e preghiamo che sia così”.
Da parte sua Acs continua a sostenere molti progetti in Siria ed è disposta anche ad ampliarli, dal momento che i bisogni della comunità cristiana sono ancora significativi e che molti hanno perso il lavoro.
Agensir
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